Numéros publiés


2020| 34 33 32
2019| 31 30
2018| 29
2017| 28 27
2016| 26 25
2015| 24 23
2014| 22 21
2013| 20 19 18
2012| 17
2011| 16 15 14
2010| 13 12 11
2009| 10 9
2008| 8
2007| 7 6
2006| 4
2005| 3 2 1
2004| 0

Lectures

Carnets de lectures

Actualités

Appel à comm

Prochains Numéros

La revue

Ligne éditoriale

Comités de rédaction

Normes de rédaction

Mentions légales

Versione PDF

Il potere della legge e la legge del potere: il ruolo dell’intellettuale. La situazione politica del Mondo Arabo nelle opere di Nahidh Al Ramadhani

Arap EL MA'ANI


Abstract

Nahidh Al Ramadhani, an Iraqi writer and dramatist born in Al Mosel in 1964, is one of the best contemporary writers in the Arab world. Only lately it was possible to translate some of his works in which he offers an overview of the real political situation in the Middle East.
Al Ramadhani is mostly concerned with the image of the intellectual. In the Arab world, where tyranny domains, the intellectual has a fundamental role. Through his writings or speeches the intellectual participates actively in politics and might be considered the spokesman of the power. Language becomes a method of support for power when it is used for justifying and defending it or even for presenting it in a different and more acceptable look.
Furthermore, language can be used to disorientate and to confuse the simple population. Through his use of high language, the intellectual distracts peoples’ attention so that they will not be able to define the real problem nor to resolve it. Thus he can suffocate any ambition for change and protect power and guarantee its presence almost forever.

Nahidh Al Ramadhani1, scrittore e drammaturgo iracheno, è uno dei migliori autori contemporanei non solamente in Iraq ma dell’intero Mondo Arabo. Lontano da ogni uso metaforico e complesso della lingua, Al Ramadhani impiega un linguaggio molto diretto e preferisce la chiarezza assoluta nell’espressione delle idee. Per l’autore è il lavoro nella sua totalità a costituire la metafora, non le singole parole. Questo ha fatto sì che solo dopo la caduta del regime di Saddam Hussein e sotto il manto protettivo della «primavera araba» sia diventata possibile la divulgazione di alcune delle sue opere di cui presento in questo saggio una selezione.2

È fondamentale sottolineare subito che Legge e Potere sono sinonimi nel Mondo Arabo. Attraverso le opere letterarie e teatrali, Al Ramadhani ci offre una lettura che risulta come una premonizione di ciò che è realmente accaduto e accade tutt’ora in quella parte non più così remota del mondo.

La situazione politica generale nel Mondo Arabo è rappresentata dal potere nella sua forma assoluta; il potere che crea e detta la legge. Una dittatura sotto forma di legge che governa e schiaccia qualsiasi tentativo di cambiamento e, dall’altro lato, un popolo tenuto sotto la stretta sorveglianza della legge, represso e zittito. Il potere che crea la legge e la legge che protegge il potere: questa è la dittatura.

Al Ramadhani distingue due tipi di dittatura nel Mondo Arabo: quella chiusa in se stessa e quella aperta al mondo esterno. In entrambi i casi l’autore si concentra sull’immagine dell’intellettuale, sul suo ruolo e sul suo rapporto con il potere. La popolazione è ordinariamente composta da vari strati culturali, ma Al Ramadhani dedica la sua attenzione all’intellettuale perché è lui, in certo senso, il responsabile della situazione attuale e suoi sono il dovere e la responsabilità del cambiamento.

L’intellettuale viene rappresentato da Al Ramadhani in diversi modi. Lo troviamo a volte codardo, debole e quasi vittima del potere, ma nella maggior parte dei casi egli è un agente del potere e il suo portavoce, e persino colpevole di tradimento del proprio popolo.

Seguirò dunque questa immagine partendo dalla descrizione fornitaci dall’autore sia per quanto riguarda l’aspetto esteriore sia per il linguaggio da lui utilizzato. Ed è qui che incontriamo il linguaggio della legge, ossia del potere. Cercherò poi di penetrare nel modo di pensare dell’intellettuale per giungere all’uso che egli fa della propria cultura e infine al suo coinvolgimento nel gioco politico.

L’intellettuale viene sempre rappresentato d’aspetto molto raffinato e curato nei minimi dettagli. Indossa sempre un completo elegante, una cravatta e un costoso paio di occhiali da vista. I capelli bianchi, inoltre, gli conferiscono l’aspetto di uno che ha lunga esperienza nella vita, di colui che ha raggiunto la saggezza dopo aver combattuto a lungo. I movimenti lenti, il tono di voce calmo, ma allo stesso tempo molto deciso e le eccellenti capacità oratorie sono tutti elementi essenziali nel dipingere una certa tipologia di intellettuale. L’immagine di un uomo colto che suscita rispetto e fiducia. Per l’autore, l’aspetto esteriore è una parte fondamentale del gioco dell’inganno.

In Sa’at al Maydaan3 troviamo la seguente descrizione: «Entra in scena un uomo che indossa un completo. I capelli sono bianchi e porta un paio di occhiali da vista molto eleganti. Avanza con calma e sale sul palco. Parla a voce alta e con un eloquio oratoriale».4 E in Lahthat Wa’y5: «L’uomo: I miei vestiti …! Cosa ho addosso?! Dov’è il mio completo? Dov’è la cravatta? Cosa sono questi stracci che indosso?!».6

Anche quando, più avanti nel racconto, l’intellettuale verrà sottoposto a tortura, egli si preoccuperà in modo ossessivo che il suo aspetto rimanga impeccabile. È in ansia per la sua cravatta che, mentre è appeso a testa in giù, gli cade sul viso e chiede che venga fissata con la dorata spilla fermacravatta che tiene sempre in tasca per simile circostanze.

Nell’opera teatrale La storia di Hoo7: «Entra in scena un uomo che indossa uno strano cappello e tiene in mano una grande pipa».8

Una delle idee fondamentali trattate da Al Ramadhani è il rapporto tra l’intellettuale e la cultura. Invece di usare la propria cultura per illuminare gli altri e renderli meno deboli e più indipendenti, l’intellettuale la utilizza per il proprio interesse. Questo avviene in Nadeem Shahrayar9 dove il giovane, quasi miracolosamente, trova una fonte di conoscenza: il «Tesoro dei racconti». E preferisce non condividere il tesoro con la gente ma essere l’unico a possederlo e usarlo per il proprio interesse. Il «Tesoro dei racconti» o la Conoscenza è un bene prezioso che egli sceglie di conservare nelle proprie mani come una fonte di potere infinito.

Il giovane: Non puoi immaginare quanto desideri presentare questo tesoro alla gente. A tutta la gente.

Il djinni: Ottima idea! E merita un tentativo.

Il giovane: Pensi che Shahrayar e le sue spie me lo lasceranno fare?

Il djinni: Provaci almeno.

Il giovane: È un rischio inutile. Non c’è tempo per provare. Un tentativo simile potrebbe farmi perdere la testa. Morirò e allora non potrò salvare la mia amata. A quale orribile destino mi stai spingendo, stupido djinni?10

L’intellettuale sfrutta la sua conoscenza per mantenere ignoranti gli altri. Ciò gli permette di esercitare il proprio dominio sulla popolazione ingenua. L’ignoranza delle masse gli fa comodo e aumenta il suo potere. Egli gioisce delle perplessità di queste dinanzi a concetti e personaggi a loro sconosciuti e che egli cita non per istruirle, ma per sottolineare la differenza tra loro e se stesso e godere delle loro paure e infondate preoccupazioni.

L’intellettuale parla un linguaggio incomprensibile per la maggiore parte degli ascoltatori.11

Hoo si avvicina e osserva con curiosità. La gente circonda l’uomo che mormora parole incomprensibili.12 Questi smette di parlare e si accende la pipa. Hoo corre fuori dal palcoscenico e torna accompagnato dalla sirena del camion dei vigili del fuoco. Entra Hoo con un secchio d’acqua e lo rovescia sull’intellettuale.13

Anche nella pièce teatrale Sa’at Al Maydan l’intellettuale tiene un discorso di cui la gente ignora il significato. Propugna ideali e cita nomi che sono completamente fuori luogo o fuori dalla portata degli ascoltatori.

L’intellettuale: … Abbiamo bisogno di una rivolta a livello ontologico, epistemologico e escatologico e senza ciò non potremmo cambiare la nostra realtà.

Il vecchio deluso: Oh! Credevo volesse dire abbiamo bisogno di una rivolta contro il governatore! Hai capito qualcosa di quel che dice? E come potremmo realizzare la rivolta dell’“insologio” come dice?

Tutti: Shh!Ascoltiamo.14

[…]

L’intellettuale: Dovremo tornare al cogito Cartesiano? Volete tornare al ….?

Il ragazzo del bar: No, io non lascerò il mio paese.

L’uomo che indossa l’abito tradizionale: “Dojester” cosa? No, io non tornerò mai.

L’uomo basso: Viva la patria!

L’uomo alto: Viva la patria! … Viva la patria!15

O, peggio ancora, l’intellettuale non dice nulla di sensato: «E da qui e in questo momento annuncio che se l’orologio è il mezzo per misurare il tempo allora il tempo è quella cosa che viene misurata con l’orologio».

Girando intorno alle parole senza in sostanza dire nulla, egli riesce con un lungo ed inutile discorso a distrarre l’attenzione della gente dal vero problema. Anche se incomprese, le sue parole hanno comunque un effetto quasi ipnotizzante. Egli disinnesca la rabbia della popolazione che - convinta di aver cambiato qualcosa, anche se non sa cosa - torna alla vita quotidiana ed abbandona la rivolta. E riesce cosi ad «annacquare» il problema. È il linguaggio moderno della legge laddove non domina alcuna legge, un linguaggio solo in apparenza logico e scientifico, ma senza sostanza alcuna.16

L’intellettuale: Guardiamo l’orologio e dimentichiamoci per un attimo le parole di Kant sulla illusione dei sensi. L’orologio esiste. Non è vero che esiste? Non è vero che possiamo vederlo e toccarlo? Questo non è forse un fatto?

Tutti : Sì esiste.

L’intellettuale: Questo è un punto di accordo. Partiamo pure da questa semplice realtà. Che rimanga una verità stabile nella nostra vita e partiamo da essa per cercare di risolvere il mistero di questa questione. I pragmatici dicono che l’orologio smette di essere tale nel momento in cui cessa di funzionare. E questo è come dire che la madre smette di esserlo se perde la capacità di rimanere incinta. E ora rispondetemi: dovremmo forse abbandonare le nostre madri?

L’uomo in abito tradizionale: Che Dio non lo permetta! Il paradiso è sotto i piedi delle madri. Quei maledetti miscredenti. Che Dio non lo permetta!

L’intellettuale: Quindi questa è un’altra realtà che aggiungiamo alla prima. L’orologio c’è e noi non vogliamo abbandonarlo.

Il basso: Adesso le cose sono molto più chiare.

L’alto: Sì, molto di più.

La donna velata: Forse con l’aiuto di questo intellettuale potremmo arrivare ad una soluzione.

L’intellettuale: Non lasciatevi distrarre dalle apparenze. Tornate in voi stessi, al punto più profondo di voi stessi. Contemplate ogni cosa e vedrete che le verità sono chiare come il sole, e non possono essere nascoste da un setaccio.

La donna velata: Ha cominciato a dire qualcosa di comprensibile.

La donna non velata: Ma sono parole ripetute.

Il basso: Proviamo a contemplare. Cosa abbiamo da perdere?

L’alto: Sì, contempliamo. Non abbiamo più nulla da perdere. Ma che cosa dobbiamo contemplare?

L’intellettuale: Facciamo adesso un altro passo in avanti e vedrete che troveremo una soluzione definitiva per il nostro problema. Nessuno può risolvere i nostri problemi tranne noi stessi. Se la base si unisce alla testa e se la testa si unisce ai migliori e se…17

È come se lo stato naturale delle cose esigesse che il popolo rimanga ignorante, perplesso, confuso e che aspetti la soluzione che le venga regalata dall’intellettuale. Questo in teoria è proprio il ruolo di quest'ultimo: spiegare alla gente perché sta male o forse dire alla gente che in fondo non sta proprio così male; e aiutarla a risolvere i problemi o piuttosto a non vederli e meritarsi dunque i suoi applausi, la sua riconoscenza e l’ammirazione per le soluzioni mai trovate per i suoi problemi.

Se la base si unisce alla testa e se la testa si unisce ai migliori e se … . della base con i migliori ci ha permesso di risolvere questo mistero. L’orologio c’è e noi ci teniamo ad averlo ma le lancette non si muovono. Ma chi di voi può provare che l’orologio sia fermo? Nessuno. Il fatto che le lancette non si muovano non significa necessariamente che l’orologio non funzioni. Dobbiamo solamente adattarci alla nuova condizione: un orologio che funziona e le sue lancette sono ferme. …Dunque lasciamo questo problema dal momento che ormai si sono chiariti i suoi aspetti … e andiamo al lavoro. Il tempo passa e noi dobbiamo sfruttare ogni secondo. Dobbiamo raggiungere gli altri. Raggiungerli? No, dobbiamo superarli. Andiamo veloci e superiamoli. Avanziamo verso la cima. Al lavoro! Al lavoro! Avanti!18

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’intellettuale ottiene maggior effetto sull’uditore mediamente colto che su quello illetterato. Il primo ha già sentito nominare alcune di queste scuole di pensiero e i personaggi citati, ma gli manca ancora tanto per comprendere il tutto. E questo suscita in lui uno stato d’animo particolare, facendone una preda facile. Ascolta qualcuno che cita fatti reali e nomi che egli stesso ha incontrato e che è convinto che siano veri. Giunge dunque alla conclusione che anche la parte restante del discorso, ossia la parte che non capisce, deve per forza di cose essere anch’essa vera e giusta. Per tutto questo esso è facilmente influenzabile.

L’ignorante invece non può fare questi confronti. Non capendo nemmeno il significato delle parole, ne rimane indifferente e impenetrabile. L’intellettuale non riesce a distoglierne l’attenzione dal problema fondamentale. Per l’uomo del popolo il problema è chiaro. Ha fame e gli manca il pane e null’altro lo può smuovere. Il calzolaio infatti non vede come queste argomentazioni possano risolvere il problema. L’orologio non funziona e lui vuole una soluzione concreta.

La folla si allontana. Rimangono solo il calzolaio, il poliziotto e l’investigatore.

Il poliziotto: Hai capito qualcosa? Io non ho ancora capito. Cosa ha fatto questo intellettuale? Sembra che niente cambierà.

L’investigatore: E questo è già una grande cosa. Forse io ho cominciato a capire.

Il calzolaio : A che cosa serve allora? E come potremmo conoscere l’ora?

L’intellettuale: Una stupida domanda da una persona ridicola! Chi sei tu per farmi delle domande?!

Nel racconto Al Muhtatam Geddan19 l’intellettuale possiede la conoscenza e anche questa volta sceglie di non condividerla con gli altri. Egli la tiene per sé, come un bene prezioso mettendo in confusione il giovane autista. Gli parla da persona colta, pari o superiore a lui. Parla al giovane con un linguaggio che questi capisce facendo riferimento a cose che gli interessano in prima persona. Egli ha un modo di esprimersi ricercato e ciò fa sentire in una stato d’inferiorità l’ascoltatore. Dimostra quanto questi sia inesperto e ignorante e dunque bisognoso di lui. «Parlava un linguaggio ricercato che mi ha fatto… mi ha fatto sentire piccolo. Mi vergognavo di me stesso… di essere un semplice autista».20

L’intellettuale fa le sue valutazioni sulla realtà attuale dei giovani laureati costretti a svolgere semplici lavoretti per guadagnarsi da vivere. Parla della pianificazione del futuro, di un futuro migliore, della necessaria, lunga preparazione e infine dell’esecuzione decisa e senza incertezze dei propri piani. Riesce a coinvolgere il giovane in una lunga e seria discussione per poi ingannarlo e rubargli l’automobile lasciandolo impietrito dalla sorpresa.

Il giovane: Era un uomo intelligente, molto più intelligente ed eloquente di quanto tu possa immaginare. Mi ha guardato un attimo e mi ha detto : «Tu sei laureato, sposato da due o tre anni. Sei nuovo come autista». Le sue osservazioni erano esatte.

Il poliziotto: Forse guidavi male.

Il giovane: No. No. Io guido da quando avevo quattordici anni. Quell’uomo ha tirato le sue conclusioni in modo molto complesso. Non ti avevo detto che era intelligente, colto, logico e molto molto convincente.

Mi parlava del mio futuro. Il mio futuro che non avevo programmato bene e per questo mi sono messo nei guai che adesso non so affrontare. Il suo discorso era giusto e io aspettavo da lui una soluzione. Qualche suggerimento.. qualche consiglio.

Mi parlava del futuro. La buona programmazione, la preparazione e poi l’esecuzione con precisione e fermezza. Diceva di appartenere alla scuola realistica che rifiuta qualsiasi visione teorica e ogni residuo storico o pregiudizio. Apparteneva alla scuola che si interessa solo di ciò che esiste realmente e che programma partendo solamente da ciò che è disponibile.21

Il poliziotto: Quel che ha detto è giusto.

Il giovane: Anche io ne ero convinto. Che importanza ha il passato? Che importanza può avere che mio padre fosse un alto funzionario del ministero dieci anni fa? Che importanza ha se io non riesco a mantenere il mio bambino adesso? Che importanza ha la mia laurea se non poteva garantirmi un lavoro utile? Che importanza ha il tutto se non è utile adesso, in questo luogo e in questo istante?

Il poliziotto: Il suo discorso è davvero molto interessante.

Il giovane: Non è tutto. Mi ha anche detto che la programmazione strategica per il futuro deve essere scientifica e realistica allo stesso tempo. E che questa è la nostra unica via per sussistere o rimarremo nella povertà e nell’ignoranza per sempre.

Il poliziotto: Parole sante.

Il giovane: Certo. Mi ha anche parlato del nostro sdoppiamento. La contraddizione tra i nostri sogni e la nostra miserabile realtà. Ha detto che dobbiamo ormai capire che tutti ci hanno abbandonato e che è giunta l’ora di pensare a se stessi. Solamente a se stessi. E di sfruttare qualsiasi occasione che ci può far compiere un passo in avanti.

Il poliziotto: Le sue parole sono molto concrete. Bisogna seguirle con attenzione. Non lo avrai per caso contraddetto o fatto arrabbiare?

Il giovane: No. Assolutamente no. Stava dicendo ciò che sentivo dentro di me.

Ha detto che dobbiamo superare tutte le morali e i vecchi principi. Ha detto che l’occidente è riuscito ad avanzare solo quando si è liberato da questi limiti. L’unica regola che rimane è la legge del profitto.

Ha detto che se ognuno di noi realizzasse il proprio interesse allora tutto il Paese potrà essere migliore. Che i nuovi princìpi sono la soluzione migliore per creare un mondo nuovo. Un mondo che meritiamo. Ha detto che dobbiamo aspirare solo a ciò che riusciamo a realizzare per quanto possa essere umile. Che dobbiamo raccogliere i frutti più vicini.E che un uccello nella mano è meglio di …

Il poliziotto: … meglio di dieci sull’albero. E tu non lo hai contraddetto vero?

Il giovane: No. Il suo discorso era logico. Una persona colta che esprime pensieri profondi, attraenti e accattivanti. Per dire la verità sono rimasto incantato dalle sue parole. Riesco ancora a sentirle: «Per realizzare i nostri sogni e raccogliere i frutti dobbiamo prima conquistare la fiducia degli altri». Non avevo capito il significato di questa frase. Non avevo capito perché l’ha detta.

Il poliziotto: E poi?

Il giovane: Poi ho capito. Ma troppo tardi, purtroppo. Lo sai? Ha detto che ero l’unico responsabile della mia situazione attuale perché non avevo programmato il mio futuro come dovevo. Non ho saputo sfruttare le mie capacità. Non ho sfruttato l’occasione del matrimonio per esempio e non, e non … Ha detto che non sono diverso da chi mi circonda. Abbiamo troppa fiducia nel futuro e restiamo fermi ad aspettare la soluzione dei problemi senza fare assolutamente nulla. Poi mi ha sorpreso dicendo che non avrò successo nemmeno nel mio lavoro da autista perché trascuro la mia macchina che quindi si consumerà più rapidamente e questo peggiorerà le mie condizioni. E quando gli ho chiesto il perché delle sue parole ha detto di aver notato che la ruota inferiore della macchina era sgonfia e che nonostante ciò io guidavo ad alta velocità, incurante o forse ignaro del problema.

Il poliziotto: E tu che cosa hai fatto?

Il giovane: Ero meravigliato da questa osservazione. Io curo tanto la mia macchina. E la macchina stava andando normalmente. Però lui ha ripetuto che aveva notato che la ruota posteriore del lato destro era sgonfia da quando era salito con me. E che lui nota con chiarezza che la macchina non è perfettamente bilanciata. E che io, nonostante fossi buon autista, non avevo fatto caso al problema.

Il poliziotto: E gli hai creduto?

Il giovane: No. Assolutamente no. Ma volevo comunque … volevo accertarmi.

Il poliziotto: E che cosa hai fatto?

Il giovane: … Ho lasciato il motore acceso e sono sceso dalla macchina. Ho fatto un giro attorno e ho visto che la ruota era in buone condizioni. Ho controllato le altre ruote ed era tutto a posto. E prima che io tornassi al mio sedile, l’uomo ha premuto un bottone chiudendo tutte le porte. Le finestre erano chiuse. Ha girato la macchina con calma. L’ho guardato con stupore e mi ha ricambiato con uno sguardo strano, era un’occhiata che non ho capito ancora. Non so ... Non capivo cosa stesse succedendo davanti a me. Ho attraversato la strada verso la mia macchina e lui mi stava ancora guardando nello stesso modo e prima che allungassi la mano per aprire la portiera si è allontanato velocemente tornando in città. Io....non ho gridato. Non sono corso dietro la macchina. Ero lì fermo … stupito. Non credevo che quell’uomo mi avesse derubato. Ho osservato la macchina allontanarsi ... la macchina … tutti i miei risparmi ... i gioielli di mia moglie …Le rate del mutuo che devo ancora pagare … Ha preso tutto. Ha preso tutto e se ne è andato. Non ho creduto a tutto ciò. Non volevo crederci.. La macchina!… la mia macchina! …

Il poliziotto: E adesso ci hai creduto?

Il giovane: Non lo so! Pensavo che stesse scherzando. Che mi stesse impartendo una lezione sulla cautela ... Sai? Ho persino esitato di venire alla stazione della polizia per fare la denuncia. È un uomo rispettabile. Molto rispettabile. Come ha potuto farmi questo? Perché?22

In altre situazioni l’intellettuale accenna appena alla soluzione. Ma tale è la paura che lo fa in modo indiretto e sottinteso, ma talmente sottinteso che non viene mai colto dalla popolazione semplice e quindi risulta inutile.

Oh cittadini, in verità in verità vi dico che per aggiustare l’orologio avete il bisogno di un orologiaio.

E più avanti nell’interrogatorio in un momento di confronto tra le autorità e l’intellettuale:

L’investigatore: Puoi forse negare che sei stato tu a dire che per aggiustare l’orologio c’è bisogno di un orologiaio?

L’intellettuale: E ripeterò queste parole finché sono in vita.

L’investigatore: Tu inciti alla ribellione. Le tue parole non possono significare altro che una cosa sola e cioè che bisogna avere la persona giusta nel posto giusto. Puoi forse negare questo significato sottinteso?

L’intellettuale: E perché dovrei negare? Io sono venuto proprio per dire questo alla gente.

L’investigatore: Dunque tu incoraggi la gente alla rivolta e insisti su questo.

L’intellettuale: Io non li incito a ribellarsi.23

Un altro elemento riguardo la raffigurazione di Al Ramadhani del personaggio dell’intellettuale è la sua capacità di mutare faccia. Ossia di possedere volti di scorta. Nella «valigia delle maschere», che porta sempre con sé, vi sono diverse facce: la faccia triste, addolorata, ribelle, saggia, ottimista e, la migliore di tutte, la sua propria.

Sempre in Sa’at Al Maydan la segretaria dell’intellettuale porta una grande valigia:

L’intellettuale sembra perplesso. Si volta verso la segretaria e le domanda:

L’intellettuale: Che ne dici se indosso la maschera dell’ottimista? O forse è meglio quella dell’arrabbiato?

La segretaria: Credo sia meglio indossare la maschera dell’uomo saggio.

L’intellettuale: No.. No. Questa maschera è inutile in queste circostanze.

La segretaria: Che ne pensi della faccia dell’uomo ribelle?

L’intellettuale: Quella non è adatta ora. Temo che possa avere un effetto opposto.

La segretaria: Allora prova la faccia dell’uomo triste.

L’intellettuale: L’uomo triste.. L’uomo triste .. em .. non ne sono molto convinto.

La segretaria: Perché non …? perché non …?

L’intellettuale: Esatto! Perché non usare tutte le maschere insieme? Voglio dire che non ho bisogno di alcuna. Il mio volto è sufficiente. Non è quello che stavi per dire?

La segretaria: Esatto. Avrai più successo.24

Nella citata opera teatrale Nadeem shahrayar, il giovane protagonista, stanco del ruolo di Shahrazad, chiede al djinni di avere indietro il suo volto.

Shahrazad: Questa è una faccia di un uomo o di una donna? Dove è la mia faccia?

Il djinni: Quale dalle tue facce, Shahrazad?

Shahrazad: Non ripetere questo nome davanti a me. Non sono più Shahrazad.

Il djinni: Quale faccia vuoi, sconosciuto?

Shahrazad: Voglio la mia vera faccia.

Il djinni: Non hai più una vera faccia. L‘hai abbandonata con la tua volontà.25

E ancora:

Shahrayar: Quanti facce hai Shahrazad?

Shahrazad: Io sono al tuo servizio con tutte le mie facce, signore.26

E in Lahthat Wa’y: «L’uomo: Il mio viso! Chi ha scambiato il mio viso? Chi ha rubato le mie sembianze?! Sono io . .è…è …Mi assomiglia in qualche modo ma … Non sono io».27

Come già anticipato, Al Ramadhani distingue due tipi di dittatura. La dittatura chiusa in se stessa è rappresentata nell’opera teatrale Nadeem Shahrayaro meglio ancora in Saat Al Maydaan. Qui, l’intellettuale collabora con le autorità per un interesse comune. L’importanza dell’intellettuale è di enorme portata perché a lui è affidata la missione di edulcorare l’immagine del potere dinanzi al popolo. Di smorzare le proteste qualora ci fossero e di spegnere ogni rivolta al suo nascere. Ma il ruolo fondamentale è quello di distogliere l’attenzione della popolazione, permettendo così alle autorità di portare avanti i loro progetti e investimenti per un interesse reciproco. Entrambi spianano la strada alle organizzazioni straniere nello sfruttamento dei beni del Paese. In Sa’at Al Maydaan, mentre l’intellettuale intrattiene il popolo con il suo discorso, accade questo:

…Entrano delle persone in abito da lavoro portando un grande cubo colorato su cui sono attaccate diverse locandine che pubblicizzano una bevanda gassata. Poggiano il cubo sul lato destro del palcoscenico. I suoi colori brillanti stonano completamente con il resto della decorazione polverosa della scenografia. La gente è troppo presa dal discorso dell’intellettuale. Qualcuno tra il pubblico si volta e si accorge del cubo. Questi mormorano delle parole ma la loro voce viene coperta da quella dell’intellettuale che continua a parlare di un complotto che sta minacciando il Paese. Entra un elevatore gigantesco per fissare un altro palo di legno sulla torre del palazzo.

… Intorno, altri uomini che portano cellulari e fumano i sigari. Altri operai con lo stesso costume dipingono con colori brillanti la parte del palcoscenico che conduce al palazzo reale.

… Arrivano alla torre del palazzo, un operaio vi appoggia una scala e il poliziotto non lo ostacola. Sale sulla scala e comincia a fissare un grande manifesto pubblicitario di una bevanda gassata. Si affaccia il governatore dal suo balcone e prende in mano un lato del manifesto. Lo tiene fermo mentre l’operaio lo fissa con i chiodi.28

… Il palcoscenico è sommerso da nuvole di fumo e luci di insegne pubblicitarie.

… Uno dei camerieri toglie l’insegna dove è scritto «Il fumo è gratuito» e mette al suo posto l’insegna «Il fumo è gratuito solo per gli intellettuali».29

Nell’opera teatrale Nadeem Shahrayar troviamo un’altra natura dell’intellettuale. Questa volta egli è, almeno inizialmente, un giovane giusto che ha a cuore l’interesse del proprio popolo e della propria patria. Egli ha uno scopo chiaro: fermare l’ingiustizia del potere. Il suo piano consiste nell’infiltrarsi nel potere e, dall’interno, far sì che si sgretoli per distruggerne l’immagine mitizzata.

Ma per fare ciò è necessario entrare nel palazzo, nel cerchio più vicino al re. L’intellettuale tenta di avvicinarsi al potere, di farne parte e riesce nel suo intento. Conoscendo la debolezza di Shahrayar per le vergini, escogita un piano e chiede al djinni di trasformarlo in una bellissima fanciulla.

Il giovane che si chiamerà d’ora in poi Shahrazad è ormai dentro il palazzo. È molto vicino al re. Dovrebbe iniziare il suo piano sottile: corrodere il re dall’interno, indebolirlo psicologicamente e materialmente. Dovrebbe impedirgli di compiere quelle azioni atroci contro la popolazione ovvero l’uccisione di una vergine ogni notte. Il giovane considera il suo gesto un sacrificio che fa non solo per salvare la sua amata ma tutto il paese.

Una volta dentro però, Shahrazad ossia l’intellettuale rimane affascinato dal potere. Ne assapora il dolce gusto. Non vuole perderlo. I vecchi progetti e le promesse fatte alla popolazione subiscono cambiamenti e alla fine vengono dimenticate. La sua giustificazione è che le condizioni sono cambiate.

Il djinni alla fine dell’opera teatrale chiede a Shahrayar:

Il djinni ironicamente: Hai realizzato tutti i tuoi obiettivi?

Shahrazad: Le cose sono cambiate e gli obiettivi di conseguenza. La vita cambia velocemente.

[…]

Shahrazad: Ti ho detto che le circostanze sono molto cambiate. E nonostante ciò ho realizzato una grande parte dei miei obiettivi. Non ha forse smesso Shahrayar di uccidere le vergini?

Il djinni: Sì, certo ha smesso di uccidere le vergini per tutto il tempo che eri con lui. Ma in cambio ha ucciso metà della popolazione.

Shahrazad: E io che colpa ne ho? Ho fatto del mio meglio.

Il djinni: Hai fatto del tuo meglio per cosa? Ti sei dimenticato di Umniyaat? Umniyaat per la quale hai fatto tutto questo?

Shahrazad: Che cosa ha Umniyaat? Non le ho forse salvato la vita?

Il djinni: L’hai trasformata in una prostituta. Hai trasformato tutte le vergini in prostitute per rallegrare i seguaci di Shahrayar.30

L’intellettuale si allea col dittatore. Il successo e il potere dell’uno ora dipende dall’altro e cosi la loro sopravvivenza. La cultura dell’intellettuale rende il potere più astuto e forte. Sono due menti a pensare nella stessa direzione e hanno un reciproco interesse. L’intellettuale diventa lo strumento di distruzione in mano al dittatore. È la spada con cui colpisce. Pensa e pianifica per lui. Insieme sono più forti.

Le ingiustizie e i mali aumentano. La sofferenza della popolazione cresce. La situazione peggiora. Piani per ingannare la popolazione. Calcoli e progetti per terrorizzare la gente, umiliarla e schiacciarla. Falsificazione dei fatti. Si arriva persino ad inventare una guerra. Una guerra finta per tenere la popolazione occupata e nel bisogno. Si bruciano villaggi e si avvelenano i fiumi facendo credere che sia il nemico a farlo.

Shahrazad: Ti disturba la stabilità nel Paese, signore?

Shahrayar: Certo. La stabilità significa benessere. E una volta che la gente ha da mangiare comincia a fare domande riguardo ogni cosa.

Shahrazad: Abbiamo bisogno di una soluzione urgente. Che ne pensi di fare una guerra veloce e senza spese?

Shahrayar: Guerra senza costi? Spiegati come potremmo fare una guerra del genere? E chi dei nostri vicini sarà il nostro nemico questa volta?

Shahrazad: Non c’e bisogno di scegliere il nemico se facciamo una guerra senza guerra.

Shahrayar: Guerra senza guerra?! Che idea geniale! Una guerra finta non ha costi. Sarà facile tenere le cose sotto controllo. Quanto sei meravigliosa Shahrazad!

Shahrazad: Dobbiamo pianificare ed eseguire i nostri piani per bene senza lasciare che le cose ci sfuggano di mano.

Shahrayar: Da dove ti è venuta l’idea del fiume avvelenato?31

L’intellettuale, volendo migliorare la situazione, finisce per aggiungere forza al potere e debolezza al debole.

Il secondo tipo di dittatura, quella aperta al mondo esterno, viene rappresentata in Sa’at Al Maydaan. Qui l’intellettuale scavalca l’autorità locale per un’autorità esterna superiore. Relazio­nandosi con l’estero, egli non ha paura del potere locale. Anche quando è arrestato e sottoposto a tortura appare calmo e sicuro di essere liberato a breve per ordine superiore dell’autorità esterna. Che, in effetti, si affretta a liberarlo:

Squilla il telefono nella stanza dell’interrogatorio. L’investigatore risponde. Si alza in piedi. È molto perplesso.

L’investigatore: Sì. Sì. Certo! Lo faremo subito! Sì. Sì Signore!

Mette giù il telefono. Fa un segno al poliziotto.Entrambi si affrettano verso l’intellettuale. Lo aiutano a scendere lentamente e sciolgono le corde.

L’investigatore: Mi dispiace! Mi dispiace molto signor intellettuale! Perché non ce lo aveva detto dall’inizio?

Il poliziotto: Doveva chiederci almeno di usare il telefono, caro ospite. Avrebbe cosi evitato e fatto evitare a noi tutta questa tortura.

L’intellettuale: Stupidi … Idioti. Voi e quelli come voi sono la causa di tutti questi disastri.

L’investigatore: Ha perfettamente ragione signor intellettuale. Noi due siamo degli stupidi. Come abbiamo fatto a non riconoscere un personaggio come lei dall’inizio? Saremmo dovuti uscire noi e tutti i poliziotti della città per riceverla. La banda musicale avrebbe suonato in suo onore.32

Ma l’intellettuale non scende a patti con i seguaci del potere locale. Rifiuta di collaborare con le autorità durante l’interrogatorio, proclamandosi fedele alle proprie idee, al popolo e alla nazione. Mentre in realtà egli ha venduto tutto ciò al potere estero. È divenuto agente del potere più grande contro quello locale.33

Il poliziotto: … Prego si accomodi e ci permetta di aggiustare le cose.

L’intellettuale: Io non scendo a patti. Il popolo deve sapere la verità. Tutta la verità. Questo è il mio ruolo. Questa è la mia missione come intellettuale.

Al Ramadhani mostra l’intellettuale esperto persino degli strumenti di tortura. Conosce il tipo e il luogo di fabbrica di ogni singolo strumento. Da questo si può dedurre che sia stato arrestato diverse volte e sotto diversi partiti. Il che significa che era ed è pronto a cambiare fede politica secondo il momento. Come afferma egli stesso:

L’intellettuale: E so anche che la corda con cui mi avete legato le mani è di fabbricazione inglese e misura 84 centimetri. Gli inglesi sono bravissimi in questi prodotti.

L’investigatore: Esatto! Questa è una corda inglese. L’hai riconosciuta solo toccandola? Sembra che tu sia esperto degli strumenti di tortura. Sei mai stato arrestato prima d’ora?

L’intellettuale: Ohhhhh! Parecchie volte. Sono stato arrestato diverse volte con i comunisti e altre volte con i nazionalisti e altre ancora con i fratelli musulmani. Ho partecipato con gli studenti alle loro rivolte e proteste non curandomi minimamente del loro scopo e della riuscita. Ho sofferto molto per maturare questa esperienza.

[…]

Investigatore: Bene, tu sei un intellettuale dunque. Quale tipo di intellettuale sei?

L’intellettuale: Ero di destra, poi di sinistra e poi radicale. Ora sono un’intellettuale cosmopolita.34

E se cade vittima del potere e viene arrestato dalle autorità, l’intellettuale sfrutta al massimo la sua sofferenza. Cerca persino di trarre vantaggio dalle torture subite. È una occasione per dimostrare alla popolazione il suo sacrificio per le proprie idee. Per migliorare le loro condizioni di vita. E così facendo si fa amare e rispettare dal popolo minuto che vede in lui un martire. Egli si propone come un eroe nazionale. In Sa’at Al Maydaan si rifiuta di cancellare le macchie di sangue dopo avere subito delle torture. Le considera un premio. Deve palesarsi alla gente e dimostrare quanto abbia sofferto per loro.

Il poliziotto: Prego lavi pure il viso e le mani da questo sangue. Chiamerò subito qualcuno per medicare le ferite e nascondere i segni.

L’intellettuale disgustato: Lavare questi segni? È la cosa migliore che mi sia mai capitata questo anno e mi chiedi di lavarle?

Il poliziotto: La prego Signor intellettuale lasci che puliamo queste macchie di sangue almeno. Non possiamo lasciarla uscire da qui e affrontare la gente in questo stato.

L’intellettuale: È proprio questo che io voglio. È questo che la gente vuole da me. Non interferire più. Il tuo ruolo è finito.

L’intellettuale non tarda ad apparire sul palcoscenico. Ha la cravatta col nodo allentato, i capelli spettinati e gli occhiali rotti. Macchie di sangue gli coprono le maniche e il petto. Grande movimento sul palco. Viene portato sulle spalle dalla popolazione urlante:

Tutti: Viva la libertà! … Viva l’intellettuale!… Morte ai nemici dell’intellettuale! Viva l’orologio e viva l’uomo giusto!

Il basso: Viva il re.

L’alto: Viva la giustizia.

Il ragazzo del bar: Sei tu che ci salverai.

Il calzolaio: Tutto quello che abbiamo fatto e faremo non è che una goccia dinanzi ai tuoi sacrifici.

Il basso: Viva il re, l’uomo della giustizia e della cultura.

Il vecchio: Morte ai nemici della cultura.

Il calzolaio: Morte ai nemici dell’intellettuale.

Quando le cose sfuggono di mano e l’intero Paese viene colpito da malattie e infezioni e per giunta è attaccato sul serio dal nemico approfittando dello stato di debolezza in cui si trova, all’intellettuale non rimane che la fuga e il tradimento.

Shahrazad: Tornerò ad essere quel che ero e nessuno mi riconoscerà.

Il djinni: Perche vuoi scappare?

Shahrazad: Non c’è più motivo per rimanere. Rimanere significa correre un rischio.

Il djinni: Le tue valigie sono ormai piene d’oro e non hai più voglia di rischiare.

Shahrazad: Potrebbe succedere un imprevisto. E io sento di aver fatto il mio dovere..

Il djinni: Il tuo dovere verso chi?

Shahrazad: Verso tutti. Ho fatto del mio meglio.

Il djinni: E queste valigie sono il prezzo del tuo sacrificio?

Shahrazad: Lascia perdere le valigie. L’oro che contengono non vale un decimo dello sforzo che ho fatto in quell’orribile palazzo.35

Grazie alla lungimiranza e alla profondità di analisi della realtà dell’autore, le opere di Ramadhani descrivono al meglio l’attualità. È stupefacente quanto tutto questo sia simile alla situazione in cui versano oggi diversi paesi arabi.

Con l’avvento della «primavera araba», che rappresenta l’inizio del risveglio, ci si augura che l’intellettuale possa avere un ruolo più positivo di quello che ha avuto in passato o che gli è stato assegnato per un intero secolo. Tutto dipende dal margine di libertà che le rivoluzioni creeranno.

Bibliografia

F. MERNISSI, Islam e democrazia, Firenze, Giunti editore, 2002.
N. AL RAMADHANI, Al Muhtaram geddan, in Etha Eqtaraba Azzamaan Wa Qisas Ukhra, Mossul, Dar Sahara Letta’leef Wattarjamah wannashr, 2009, pp. 27-38.
N. AL RAMADHANI, Lahthat Wa’y, in Etha Eqtaraba Azzamaan Wa Qisas Ukhra, Mossul, Dar Sahara Letta’leef Wattarjamah wannashr, 2009, pp. 39-46.
N. AL RAMADHANI, Sa’at al Maydan, in Sab’ Masraheyaat, Baghdad, Ddar Al Kotub Wal Watha’q, 2010, pp. 223-278.
N. AL RAMADHANI, Nadeem Shahrayaar, in Sab’ Masraheyaat, Baghdad, Ddar Al Kotub Wal Watha’q, 2010, pp. 167-222.
N. AL RAMADHANI, Hekayat Hoo, in Sab’ Masraheyaat, Baghdad, Ddar Al Kotub Wal Wathaiq, 2010, pp. 33-45.


Notes

↑ 1 Nahidh Al Ramadhani nasce nella città di Mossul nel 1964. Segue gli studi elementari alle Al Najah Schools, le medie e le superiori alle Khalid bin Al waleed Schools. Nel 1982 ottiene una laurea quadriennale all’Università di Mossul, Facoltà di lettere - Dipartimento di lingua araba. Nel 1987 si iscrive alla Facoltà Militare dove, due anni dopo, ottiene il grado di tenente. Prigioniero di guerra nel Kuwait nel 1989, fa ritorno in Iraq nel 1991 dove termina il servizio militare. Dopo aver svolto diverse attività, nel 1997 lascia l’Iraq e si reca dapprima in Libia e poi negli Emirati Arabi. Ad Abu Dabi lavora come insegnante di lingua araba per quattro anni. Nel 2004 ritorna definitivamente in Iraq e si stabilisce nella città di Mossul. Nel 2010 ottiene la Laurea Specialistica in Letteratura Araba all’Università di Al Mossul. Attualmente è direttore di un gruppo di scuole private (Al Awael Private Schools) dove insegna Lingua Araba e Sociologia.

↑ 2 La traduzione delle citazioni dalle opere di Al Ramadhani è mia. Nelle note, la traduzione dei titoli delle opere e raccolte nonché i riferimenti bibliografici completi vengono forniti soltanto la prima volta.

↑ 3 N. Al Ramadhani,Sa’at al Maydan, ossia «L’orologio della piazza». Scritto in Libia nel 1998 figura nella raccolta Sab’ Masraheyaat, ossia «Sette opere teatrali», Baghdad, Ddar Al Kotub Wal Watha’q, 2010, pp. 223-278.

↑ 4 Ibid.,p. 251.

↑ 5 N. Al Ramadhani,Lahthat Wa’y, ossia «Un momento di coscienza».Scritto in Libia nel 2001 è compreso nella raccoltaEtha Eqtaraba Azzamaan Wa Qisas Ukhra, ossia «Quando giunge il tempo e altri racconti», Mossul, Dar Sahara Letta’leef Wattarjamah wannashr, 2009, pp. 39-46.

↑ 6 Ibid., p. 41.

↑ 7 N. Al Ramadhani, Hekayat Hoo. Scritto a Al Moosel nel 2006, è compreso nella citata raccolta Sab’ Masraheyaat, pp. 33-45.

↑ 8 Ibid., p. 40.

↑ 9 N. Al Ramadhani, Nadeem Shahrayaar, ossia «Il compagno di Shahrayaar». Scritto in Libia nel 1999, si colloca nella citata raccolta Sab’ Masraheyaat, pp. 167-222.

↑ 10 Nadeem Shahrayaar, cit., p.180

↑ 11 Non sembra inutile qui un parallelo con talune opere teatrali dello scrittore egiziano Najeeb Mahfouz, dove viene raffigurato il popolo in tutta la sua semplicità, in particolare gli abitanti delle aree rurali, dove la percentuale di analfabetismo è alta. Il popolo che non comprende affatto la lingua della legge ma la subisce soltanto.

↑ 12 Ibid., p. 28.

↑ 13 Al Ramadhani fa riferimentoa Sir Walter Raleigh, il quale, alla fine del XVI secolo, introdusse il tabacco in Inghilterra. Il suo servo, vedendolo fumare la pipa e credendo che stesse per prendere fuoco, gli gettò addosso un catino d’acqua gelida.

↑ 14 Saa’t Al Maydaan, cit., p. 273.

↑ 15 Ibid., p. 272.

↑ 16 I Paesi Arabi firmatari della Carta delle Nazioni Unite sui diritti umani hanno inserito alcune riserve al testo prima di divulgarlo. Le riserve inserite dal governo egiziano all’articolo 16 della convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne dell’ 8 dicembre 1979, firmata nel 16 luglio 1980, per esempio, altro non fanno che stravolgere il senso del testo: «Le riserve dell’articolo 16 riguardano l’uguaglianza dell’uomo e della donna in tutte le questioni relative al matrimonio e alle relazioni familiari durante il matrimonio e conseguenti alla sua dissoluzione, senza pregiudizio per i provve­dimenti della shari’a in cui alle donne vengono concessi diritti equivalenti a quelli dei loro sposi, in maniera tale da assicurare un giusto equilibrio tra di loro. Ciò esula dal rispetto per la natura sacrosanta delle salde credenze religiose che governano le relazioni coniugali in Egitto e che non possono essere chiamate in causa e in vista dal fatto che una delle basi più importanti di queste relazioni è un’equivalenza di diritti e di doveri tale da assicurare quella complementarietà che garantisce vera uguaglianza tra gli sposi» (F.Mernissi, Islam e democrazia, Firenze, Giunti editore, 2002, p. 90).

↑ 17 Saa’t Al Maydaan, cit., p. 274.

↑ 18 Ibid., p. 277.

↑ 19 N. Al Ramadhani, Al Muhtaram geddan, ossia «Un Uomo Molto Rispettabile», scritto nella città libica di Zlayten nel 2002. Si trova nella citata raccolta Etha Eqtaraba Azzamaan Wa Qisas Ukhra, pp. 27-38.

↑ 20 Ibid., p. 28.

↑ 21 Al Ramadhani allude qui ai discorsi tenuti dai Presidenti dei Paesi Arabi alla popolazione. L’uomo rispettabile è la personificazione di alcuni presidenti arabi.

↑ 22 Ibid., p. 35.

↑ 23 Sa’at al Maydaan, cit., p. 257.

↑ 24 Ibid., pp. 464-464

↑ 25 Nadeem Shahrayaar, cit., p. 218.

↑ 26 Ibid., p. 199.

↑ 27 Lahthat Wa’y, cit., p. 41.

↑ 28 La scena descrive la collaborazione tra l’intellettuale e il potere.

↑ 29 Ibid., p. 278.

↑ 30 Nadeem Shahrayaar, cit., p. 212.

↑ 31 Ibid., p. 200.

↑ 32 Sa’at Al Maydaan, cit., p. 262.

↑ 33 Al Ramadhani allude qui ad alcuni intellettuali arabi che occupano posizioni di rilievo all’estero.

↑ 34 Ibid., p. 256.

↑ 35 Nadeem shahrayaar, cit., p. 217.

Pour citer cet article :

Arap EL MA'ANI, Il potere della legge e la legge del potere: il ruolo dell’intellettuale. La situazione politica del Mondo Arabo nelle opere di Nahidh Al Ramadhani, Lingua e Diritto. La Lingua della Legge, la Legge nella Lingua, Publifarum, n. 18, pubblicato il 13/03/2013, consultato il 18/04/2024, url: http://www.farum.it/publifarum/ezine_articles.php?id=232

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482

Site réalisé avec DOMUS