Numéros publiés


2020| 34 33 32
2019| 31 30
2018| 29
2017| 28 27
2016| 26 25
2015| 24 23
2014| 22 21
2013| 20 19 18
2012| 17
2011| 16 15 14
2010| 13 12 11
2009| 10 9
2008| 8
2007| 7 6
2006| 4
2005| 3 2 1
2004| 0

Lectures

Carnets de lectures

Actualités

Appel à comm

Prochains Numéros

La revue

Ligne éditoriale

Comités de rédaction

Normes de rédaction

Mentions légales

Versione PDF

« Les langues, ça compte »: Strategie linguistiche e formazione permanente

Giulia PAPOFF


Riassunto

L’interesse crescente per la formazione permanente, impone una riflessione sempre più ampia sulle metodologie di approccio, in materia di glottodidattica, finalizzate all’apprendimento per tutto l’arco della vita. Inoltre, si insiste sulla necessità di conoscere i bisogni linguistici delle imprese, per spiegare quali siano le ricadute in termini economici della conoscenza delle lingue per l’individuo, per le imprese e per la collettività. I risultati di queste indagini confermano che la conoscenza delle lingue straniere è uno degli obiettivi più redditizi di una formazione permanente.

Abstract

The increasing interest for Lifelong Learning, suggests a deep meditation on language teaching approaches and methodologies. In order to conceive appropriated teaching models in the field of Lifelong Learning it is important to know the linguistic needs of business world and to study the economic issues of language competences for individuals, enterprises and community. The results of these researches show that the knowledge of languages is one of the most remunerative objectives of Lifelong Learning.

Nel 1995 il Libro Bianco della Commissione Europea, Insegnare ad apprendere, verso la società conoscitiva, auspicava l’adozione di strategie e pratiche comuni per lo sviluppo delLifelong learning in tutti gli stati membri. Più recentemente nella definizione del Quadro Comunitario di sostegno 2000-2006 è stato previsto un Asse di intervento espressamente rivolto all’apprendimento lungo l’intero arco della vita nell’intento di migliorare il livello e la qualità dell’occupazione, sulla base di alcuni documenti strategici dell’Unione, voluti da Delors e da Cresson, e finanziati dal Fondo Sociale Europeo: «L’apprendimento permanente dell’adulto non è certamente un tema nuovo, ma rappresenta una questione centrale nell’ambito della pedagogia, della psicologia e della glottodidattica attuale».1 E' un argomento - per usare le parole di Paola Begotti - che interpreta «una filosofia di vita [… ]vissuta come bisogno umano, come una necessità per la mente e per la società, che consente di mantenere attiva l’attenzione e la curiosità per la conoscenza».2

Il principio del Lifelong learning prevede per l’adulto uno sviluppo diacronico che comprende non solo la formazione strettamente professionale legata alla progressione di carriera o alle necessità lavorative, ma anche il fabbisogno di arricchimento individuale di chi voglia approfondire, aggiornare, allargare il proprio bagaglio culturale. Per formazione permanente intendiamo quindi «qualsiasi attività intrapresa nelle diverse fasi della vita al fine di migliorare le proprie conoscenze, capacità o competenze secondo una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale»,3 che include la formazione iniziale e continua, l’educazione degli adulti (sia quella formale che quella non formale), superando così la distinzione operata da Paolo Balboni tra formazione permanentecome offerta educativa legata alla volontarietà di chi ne usufruisce, e Lifelong Learning, come realtà esterna indipendente dalla volontà individuale.4 Secondo Howard Gardner essa si basa sul presupposto che lo sviluppo cognitivo umano dipenda anche da interazioni tra condizioni socio-culturali, socio-ambientali, situazione geografica e predisposizioni personali.5 Il termine arco indica il fatto che «la formazione dell’adulto non procede con modalità regolare e lineare, ma include momenti evolutivi ascendenti e momenti involutivi discendenti, come avviene per gli altri aspetti della vita quotidiana dell’individuo […] ».6

All’interno di questo vastissimo campo d’azione, limiteremo la nostra indagine alle metodologie di approccio, in materia di glottodidattica, in una prospettiva di formazione permanente, includendo nelle nostre osservazioni anche la formazione linguistica di coloro che decidono, per scelta, di aggiungere un’altra lingua al proprio bagaglio culturale, o di perfezionare la prima; escludendo al contrario quella tipologia di studenti che persegue il normale iter formativo scolastico o accademico.

Per distinguere la teoria dell’apprendimento dell’adulto da quella pedagogica destinata al bambino o all’adolescente, si è andato delineando un modello di apprendimento destinato a discenti adulti denominato andragogia, termine utilizzato in maniera omologa nei diversi settori di ricerca, ma non troppo apprezzato dallaglottodidattica.

Dopo aver definito l’oggetto delle nostre riflessioni, passiamo a delineare alcuni principi essenziali chemettono in risalto la specificità del contesto nel quale ci stiamo muovendo.

Il primo principio da sottolineare è che «la nozione del Lifelong Learning presuppone la centralità del soggetto, dei suoi bisogni cognitivi e motivazioni, affinché ciascun discente sia stimolato ad acquisire tutte le competenze che lo aiutino durante la vita lavorativa e non solo […]».7 La formazione permanente infatti richiede «un’attenzione particolare ai processi di acquisizione piuttosto che a quelli di insegnamento, ai diversi stili cognitivi e alle modalità di apprendimento»,8 che coinvolgono l’ individuo nella sua totalità. I fattori che possono influire sulle fasi di apprendimento da parte di un discente adulto sono molteplici e possono essere ricondotti a tre categorie di variabili, secondo la suddivisione operata da Patrizia Mazzotta9: Variabili individuali, variabili sociali, variabili naturali.

Le variabili individuali sono collegate alle peculiarità dell’individuo come l’introversione, l’estroversione, la disponibilità cognitiva ecc. Le variabili sociali sono determinate dall’ambiente e dal contesto in cui si apprende. Le variabili naturali dipendono da fattori naturali come l’età o l’attitudine personale. Tra le variabili naturali va inserita la tendenza all’autoapprendimento da parte di un adulto che si basa su una modalità di studio che assegna grande spazio all’autonomia del discente, cioè si articola sulla capacità di pianificare il proprio percorso e di utilizzare in modo autonomo i materiali messi a disposizione dal docente. Altra variabile naturale può essere considerata la minore rapidità e stabilità dell’acquisizione linguistica da parte dell’adulto rispetto al bambino o all’adolescente. Le operazioni acquisire, memorizzare, reimpiegare, come ha illustrato William Ned Hermann10 seguono ritmi diversi, secondo l’età e le attitudini individuali, il che va debitamente spiegato all’apprendente se non si vuole rischiare la demotivazione.

La glottodidattica, si sa, ha una natura interdisciplinare e si nutre degli apporti di altre discipline, come le scienze del linguaggio, dell’educazione, le scienze psicologiche e quelle della comunicazione.11 All’interno delle scienze del linguaggio, un certo rilievo ha acquisito recentemente la neurolinguistica che insiste sulla bilateralità complementare dei due emisferi cerebrali e produce interessanti implicazioni in glottodidattica. Si insiste sulla necessità di adottare strategie dette bimodali procedendo dall’emisfero destro legato al contesto e alle funzioni globali per pervenire successivamente a quello sinistro legato alle funzioni più analitiche. Le nuove tecnologie multimediali stimolano in parallelo entrambi gli emisferi cerebrali, poiché gli ambiti cognitivi ed affettivi del discente sono sollecitati in uguale intensità. Le teorie neurolinguistiche trovano dunque nel nuovo assetto didattico il terreno più favorevole per una verifica sperimentale e una ricerca volta a favorire i processi di apprendimento linguistico.

La seconda osservazione da fare è che, nel campo della formazione permanente, non esistono principi validi in ogni occasione, ma è necessario che il docente individui, il tipo di approccio, di metodo o metodologia più efficace con quel tipo di classe di adulti. L’impossibilità di definire a priori un curricolo universalmente valido, e la necessità di definire di volta in volta un curricolo personalizzato, impongono un’articolazione in moduli accreditabili e valutabili anche a livello professionale. L’era del curricolo - programma – manifesto,in glottodidattica, dunque, è ormai sorpassata dal concetto di curricolo-profilo, articolato in moduli e adattato alle esigenze di una società complessa e di una pluralità di attori e di fruitori. Come sostiene molto opportunamente Baolo Balboni:

Un modello che definisce i suoi obiettivi per livelli […]è un modello bidimensionale che opera su un piano cartesiano. Sull’asse verticale si fissa il limite minimo per avere l’accredito della competenza richiesta. Sull’asse orizzontale si inseriscono le varie abilità ed eventualmente altre componenti della competenza comunicativa, dalla ricchezza lessicale all’ accuratezza morfosinattica […] Questo modello bidimensionale non risponde alle richieste implicite nella complessa richiesta di formazione linguistica lifelong che si deve muovere in una prospettiva tridimensionale.12

La competenza comunicativa dunque non va concepita come una tabella piatta, ma come uno spazio in cui le colonne, sempre secondo Paolo Balboni, non sono più monotematiche, ma tridimensionali:

Su un lato si collocano gli obiettivi in termini pragmatici, su di un altro si collocano le abilità di riferimento, e sul terzo la competenza morfo-sintattica, lessicale, testuale necessaria per raggiungere quella combinazione funzione/abilità, al livello auspicato. Ogni cubo costituisce un modulo che presenta caratteristiche di omogeneità, compiutezza e certificabilità, da riempire di contenuti linguistici e culturali, sulla base del profilo desiderato.13

Il modello tridimensionale, applicato al settore della formazione permanente, si combina con il principio basilare dell’autonomia del discente, il quale individua egli stesso il suo profilo di uscita, sceglie i suoi obiettivi ed il suo percorso, mentre il docente si identifica sempre più quale guida, tutor e facilitatore del processo di apprendimento e di auto-apprendimento.14

Una volta fissati alcuni principi basilari, la nostra riflessione si sposta ora sulle metodologie di approccio in una prospettiva di Lifelong Learning. I contributi teorici in questo settore sono quantitativamente limitati, benché molto qualificati, per cui si rende sempre più necessaria una riflessione sulle strategie concepite comefilosofia di fondo di una impostazione glottodidattica in questo campo specifico.15 Come hanno evidenziato gli studi più recenti, e come appare evidente da quel che abbiamo già avuto modo di osservare, la metodologia di approccio si configura come la risultante di una sorta di negoziazione tra docente e discente. Negoziazione che dovrà comprendere anche il fattore tempo, determinando cioè in quale lasso di tempo dovranno essere raggiunti gli obiettivi auspicati, poiché molto spesso l’esigenza della rapidità costituisce uno degli elementi principali del progetto individuale. In tale contesto diventa indispensabile la valutazione delle conoscenze pregresse, chiave fondamentale per la personalizzazione curricolare.

Per quanto riguarda la scelta di un approccio specifico, una delle dimensioni di cui si deve recuperare l’integrità – in ogni forma di apprendimento, ma più necessariamente in quello linguistico – è la sfera delle emozioni e della affettività. Mentre fino a qualche tempo fa la glottodidattica umanistico-affettiva veniva considerata unicamente appropriata ad un pubblico di bambini, per l’insegnamento precoce delle lingue, oggi recenti studi hanno confutato tale affermazione, sotto la spinta della psicologia umanistica che si contraddistingue per la centralità degli aspetti affettivi e relazionali e per l’attenzione verso l’autorealizzazione dello studente:

Un gruppo di apprendenti è un organismo attivo in evoluzione e per poter organizzare e condurre con successo dei percorsi didattici è necessario conoscere le dinamiche affettive che spingono i discenti ad intraprendere quel percorso, al fine di individuare le strategie più opportune. Gli adulti d’altronde sono portatori di un vissuto e di un rapporto dialettico con la società e per questo motivo, avendo maggiore consapevolezza delle loro emozioni, e delle loro relazioni interpersonali, le vivono in modo più dinamico che non altre categorie di studenti.16

Altro principio su cui si basa l’approccio affettivo-umanistico è il tentativo di limitare al massimo ogni processo generatore di ansia che blocca ogni forma di apprendimento, insieme a quello dell’autorealizzazione della persona, cioè della piena attuazione delle proprie potenzialità. L’interesse per tutti gli aspetti della personalità umana, non solo quelli cognitivi, ma anche quelli fisici e affettivi, si ispira al concetto di multisensorialità illustrato da Howard Gardner17 che spiega come ogni persona abbia un canale preferito per fare esperienza del mondo e per apprendere; tale principio va sfruttato anche per l’insegnamento delle lingue. Quest’ultimo deve coinvolgere tutti i sensi della persona, per attivare il maggior numero di aree cerebrali e metterle al servizio dell’apprendimento. Gli approcci umanistico-affettivi certamente possono rappresentare un utile strumento, ma vanno integrati con la totalità degli approcci che possono essere elaborati, tra cui gli assunti di base del metodo comunicativo-funzionale, che privilegia le situazioni autentiche e la componente pragmatica.

Ciò che le nostre riflessioni ci suggeriscono, in conclusione, è che si possa prevedere, per la formazione permanente un metodo di approccio integrato in cui si accolgono principi e stimoli provenienti da versanti diversi della glottodidattica, e più in generale della psicologia dell’apprendimento.18 In questo contesto le nuove tecnologie multimediali non devono essere intese semplicemente come strumenti di diversificazione pedagogica, ma come vere e proprie strategie didattiche che forniscono un supporto capace di favorire lo sviluppo dell’autonomia e la personalizzazione dei percorsi di acquisizione.

Altro fattore specifico da considerare, nella scelta dell’approccio da adottare, è la maggiore capacità astrattiva che possiede lo studente adulto che chiede di assegnare maggiore spazio alla impostazione morfosintattica rispetto a quanto viene proposto dai materiali didattici comunemente utilizzati. Il docente dovrà dunque soddisfare queste esigenze metalinguistiche e utilizzare gli strumenti cognitivi tipici dell’adulto, inclusa la sistematizzazione grammaticale che non è da considerare come obsoleta. Di fronte all’esigenza di modificare, aggiornare la propria metodologia glottodidattica risulta evidente che il docente diventa egli stesso protagonista di un processo di Lifelong Learning affinché possa adeguare le sue conoscenze alla nuova figura professionale che si va delineando; ciò che appare evidente è che la formazione permanente dei docenti costituisce un settore molto vasto nell’ambito della formazione professionale, che potrebbe rientrare nell’area d’azione degli stessi Centri Linguistici di Ateneo, i quali posseggono le competenze specifiche per fornire un’offerta formativa qualificata in questo campo.

Più in generale, i Centri Linguistici di Ateneo, proprio in quanto centri di didattica e di ricerca, sono chiamati a svolgere un ruolo importante per la creazione di un sistema di formazione permanente. È auspicabile che i centri linguistici universitari adottino una politica di promozione dell’apprendimento linguistico per tutto l’arco della vita per rispondere alla crescente domanda di conoscenza delle lingue che viene da molteplici settori della società, promuovendo una serie di iniziative rivolte agli studenti che chiedono competenze supplementari rispetto al normale curriculum, come pure ai neo-laureati, ai docenti, alle diverse categorie professionali presenti sul territorio, ecc. In tale contesto è evidente che le istituzioni universitarie, non solo nuclei di alta formazione, ma anche luoghi privilegiati di mediazione tra il mondo dell’istruzione e quello professionale, possono farsi promotori di un processo culturale di rinnovamento, di dinamicità, per adeguare l’offerta linguistica alle nuove sfide del mondo del lavoro.19

Proprio al fine di proporre modelli appropriati nel campo della formazione professionale sarebbe molto opportuno conoscere i bisogni linguistici delle imprese, ed è questo uno degli obiettivi di cui si occupa una disciplina relativamente recente che coinvolge le scienze del linguaggio come le scienze economiche: l’economia delle lingue. « L’économie des langues est une discipline ancrée dans le paradigme de l’analyse économique et qui étudie les relations entre les variables économiques et les variables linguistiques »,20 ma causa della complessità e dello spessore dei fenomeni linguistici che mal si prestano alle rigide regole dell’analisi economica, questa disciplina è rimasta piuttosto marginale e frammentaria. Si conosce poco infatti dei meccanismi secondo i quali le dimensioni economiche della globalizzazione influenzano la macro-dinamica delle lingue e ancor meno forse si conoscono le ricadute in termini economici della conoscenza delle lingue per l’individuo, per le imprese e per la collettività.21

L’economia delle lingue, scienza nascente al crocevia tra economia, lingue e formazione costituisce il principale centro di interesse dell’ Observatoire ELF (Économie- Langues-Formation) istituito presso l’Università di Genève e diretto da François Grin, docente presso la Facolà di Traduction et d’Interprétation,22 con applicazioni che spaziano dalla promozione del plurilinguismo e delle lingue minoritarie all’efficienza dell’insegnamento delle lingue, dalle politiche linguistiche allo studio del valore micro e macro economico delle competenze linguistiche.23

In uno studio recente, accessibile online nella rivista Repères DoRIF François Grin si sofferma in particolare sulla relazione che esiste tra il processo formativo e il beneficio socio-economico che deriva dalla conoscenza di una o più lingue, beneficio di cui si avvalgono i lavoratori interessati, come pure le imprese che vedono aumentare la loro produttività ed i loro profitti. Ma al di là di una vaga affermazione sulla co-occorrenza o relazione tra plurilinguismo da una parte e gli effetti economici vantaggiosi dall’altra, è difficile calcolare con precisione la concatenazione tra cause ed effetti e fornire cifre esatte sul valore economico delle lingue poste in relazione con l’attività professionale. Così, malgrado l’interesse crescente per le lingue nel mondo del lavoro, «il reste que la connexion entre les pratiques langagières ou compétences linguistiques d’une part, et les effets économiques mesurables d’autre part, ne reste abordée que de façon incidente ».24

I lavori esistenti25 elaborati in una prospettiva manageriale o pedagogica si soffermano infatti per lo più sulla diversità culturale piuttosto che su quella linguistica e sono dettati dalla preoccupazione dell’efficienza che deve condurre a modulare la politica linguistica interna in funzione delle necessità contingenti:

Ces mises au point ne sont sans doute pas inutiles à l’époque où risquerait de se répandre une certain confusion. En effet, il existe toute une recherche récente issue de different courants des sciences du langage qui analyse, parfois avec un grand luxe de details les pratiques linguistiques des acteurs du travail[…] mais sans jamais aborder la question des effets de ces pratiques sur les coûts, la productivité, les profits ou quelque autre variable à signification économique[…]26

C’est fort intéressant, mais cela ne nous dit pas si ces compétences sont profitables pourpour l’apprenant, si elles lui permettent de trouver plus facilement un emploi, ou si elles sont rentables pour l’entreprise qui l’engage etc. […] On cherchera en vain dans ces travaux, une mise en rapport des pratiques langagières observées avec des effets économiques du type de ceux qui importent à l’entreprise.27

In conclusione, sintetizza François Grin, «même dans le domaine spécialisé de l’économie des langues, la question de la valeur du multilinguisme n’a encore été traitée que très partiellement».28

La questione del valore del plurilinguismo è stata affrontata in maniera molto approfondita dal progetto LEAP (Langues étrangères dans l’activité professionnelle) diretto dallo stesso François Grin e da F. Vaillancourt dell’Università di Montreal, nell’ambito del Programme National de recherche sulla Diversité des langues et compétences linguistiques en Suisse, concluso nel 2009: « Il a permis d’élaborer une vision structurée des besoins des entreprises en matière de compétences en langues ètrangères, et de voir comment ces besoins se traduisent dans leurs politiques de recrutement »29:

Bien qu’ancré dans l’analyse économique le projet Leap s’inscrit dans une tradition de recherche et une philosophie profondément interdisciplinaires, où l’on vise également à fournir des résultats utiles pour les chercheurs d’autres disciplines. En particulier l’analyse fine des processus selon les quels les compétences linguistiques sont utilisées et valorisées dans la vie professionnelle permet de mieux comprendre l’un des ressorts essentiels et encore mal connus de la dynamique des langues. Le proget LEAP aborde donc des enjeux d’actualité touchant à l’efficience économique, à la politique linguistique et à la politique de la formation.30

La ricerca che comportava una prima fase teorica, seguita da una seconda fase empirica, basata su un’inchiesta qualitativa e quantitativa presso le imprese del settore manifatturiero in Svizzera, ha permesso di trarre dai risultati teorici ed empirici delle considerazioni importanti ai fini delle politiche d’insegnamento delle lingue, dimostrando che è possibile calcolare “le taux de rendement individuel des compétences linguistiques” e valutare i vantaggi in termini di salario di cui beneficiano le persone che posseggono competenze in più lingue straniere.

Or, s’ils touchent des salaires plus élevés et que cette différence est clairement associée aux langues, c’est que les employeurs sont prêts à rémunérer ces compétences. Et si ces derniers sont prêts à le faire, c’est parce que d’une façon ou d’une autre, elles contribuent à augmenter la productivité, à réduire les coûts, ou à accroître les profits. Ergo, les compétences linguistiques sont rémunératrices.31

I risultati di queste indagini confermano quindi che la conoscenza delle lingue straniere è uno degli obiettivi più redditizi di una formazione permanente, volta essenzialmente a colmare i deficit di un’istruzione formale e necessariamente selettiva. Sarebbe necessario dunque orientare la ricerca verso l’esplorazione delle influenze reciproche che si presentano all’intersezione tra lingua, economia e globalizzazione, allo scopo di orientare le politiche linguistiche soprattutto nel campo della formazione e della formazione permanente in particolare. Lo slogan pubblicitario dell’Osservatorio europeo sul plurilinguismo : « Les langues, ça compte! », intende proprio sottolineare come la conoscenza e la pratica di più lingue sia un requisito minimo indispensabile nella società contemporanea, ma anche una risorsa incalcolabile, capace di produrre benefici economici e sviluppo culturale.

Molti paesi si sono mossi in tal senso, nella volontà di concretizzare il comune obiettivo europeo e di dare ai termini plurilinguismo e formazione permanente un valore ben definito, e oggi diversi stati europei possono ormai vantare il pieno raggiungimento di tale scopo. L’Italia, ben lungi dall’aver vinto questa sfida, oscilla ancora tra posizioni anacronistiche ed altre poco coraggiose, conquistando nella graduatoria generale europea posizioni non lusinghiere.

In conclusione è ormai inarrestabile il processo per cui la posizione di ogni individuo sarà determinata dalle conoscenze che sarà stato in grado di acquisire anche con procedimenti formativi successivi e costanti, ed è quindi innegabile l’importanza che riveste la progressiva diffusione di un sistema di Lifelong Learning, in ambito linguistico, nel contesto globale di incalzante internazionalizzazione. Acquisizione di una competenza multilingue in grado di qualificare anche chi già opera nel mondo del lavoro, capacità di adeguamento alle nuove esigenze linguistiche di una società complessa, ma anche elaborazione di teorie e pratiche in grado di interpretare e realizzare gli obiettivi di una formazione permanente, sono questi i nuovi imperativi che dovranno caratterizzare la società plurilingue e il mondo del lavoro del prossimo futuro, in un rinnovato e più dinamico rapporto con le istituzioni universitarie veri e propri centri di diffusione di un sistema di formazione permanente in campo linguistico, capace di produrre benefici, sia in ambito individuale che collettivo, sia in campo economico che culturale.

Riferimenti Bibliografici

P.E. BALBONI,Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse,Torino, Utet.
P.E.. BALBONI, L’acquisizione di unaLSda parte di giovani adulti, in E. PAVAN( ed.) Il lettore di italiano all’estero, Roma, Bonacci, 2005.
P. BEGOTTI,La glottodidattica umanistico-affettiva nell’insegnamento dell’italiano LS ed L2 ad adulti stranieri,Venezia, Università Ca’ Foscari, 2007.
C. BETTONI, Usare un’altra lingua. Guida alla pragmatica interculturale, Roma Bari, Laterza, 2006.
U. CAPRA, Tecnologie per l’apprendimento linguistico, Roma, Carocci, 2005.
M. CHINI, P. DESIDERI, M.E. FAVILLA, G. PALLOTTI (eds) Imparare una lingua. Recentisviluppi teorici e proposte applicative. Atti del convegno internazionale dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata, Perugia, Guerra, 2007.
G. FREDDI, Gli adulti e le lingue, Milano, Minerva italica, 1974.
H. GARDNER, Multiple intelligencies. The theory in practice, New York, Haper & Collins,1983.
M.J. GREMMO, P.RILEY, «Autonomy, self-Difrection and Self-Access in Language Teaching and Learning. The History of an Idea» , System 2,1995.
F, GRIN, «Complémentarité entre sciences du langage et analyse économique. Le cas des langues étrangères dans l’activité professionnelle», Bulletin Suisse de linguistique appliquée, Special issue,2010 / 2 , p.107-131.
F, GRIN, «Langues, économie, mondialisation»,Theme issue of Français et Société, n. 22-23, 2011.
F.GRIN, «Plurilinguisme et multilinguisme au travail: le regard de l’économie des langues», Repères DoRIF, n. 4, Quel plurilinguismo pour quel environnement professionnel multilingue?, dicembre 2013, http://www.dorif.it/ezine_articles.php?id=136
F.GRIN, Projet Leap, Observatoire économie, langues, formation, UNIGE www.unige.ch/traduction-interprétation/recherches/groupes/elf
N. HERMANN, «Brain dominance technology», in R.L. CRAIG (ed. ) Training and development handbook, New York, McGraw –Hill, 1987.
H. HOLEC, Autonomy and Foreign Language Learning,Strasburgo, Consiglio d’Europa, 1979. ID., Autonomy and Self-Directed Learning. Present Fields of Application, Strasburgo,Consiglio d’Europa, 1988.
P. MAZZOTTA, Strategie di apprendimento linguistico e autonomia dello studente, Bari, Adriatica, 1996.
M. NEGRI, M.A. VILLAMIRA, J.J. VILLAR (eds). Formare i formatori. Una proposta di aggiornamento per gli insegnanti di lingua, Milano, Franco Angeli, 1999.
G. PALLOTTI La seconda lingua, Milano, Bompiani, 2003.
F. VAN PASSEL, L’enseignement des langues aux adultes, Bruxelles/Paris, Labor/Nathan,1970.
C.C. RIZZARDI, M. BARSI, Metodi in classe, per insegnare le LS , Milano, Led, 2007.
P. TORRESAN, Intelligenze e didattica delle lingue, Bologna, EMI, 2008.


Notes

↑ 1 P. BEGOTTI,La glottodidattica umanistico-affettiva nell’insegnamento dell’italiano LS ed L2 ad adulti stranieri,Venezia, Università Ca’ Foscari, 2007,p. 2.

↑ 2 Ibidem.

↑ 3 Ibidem.

↑ 4 Cf. P. BALBONI, Le sfide di Babele, insegnare le lingue nelle società complesse, Torino, UTET, 2008, p. 193-194.

↑ 5 Cf. H. GARDNER, Multiple intelligencies. The theory in practice, New York, Haper & Collins,1983.

↑ 6 P. BEGOTTI,cit., p. 2.

↑ 7 Ibidem, p. 3.

↑ 8 Ibidem, p. 2.

↑ 9 Cf. P. MAZZOTTA, Strategie di apprendimento linguistico e autonomia dello studente, Bari, Adriatica, 1996, p. 48-70.

↑ 10 Cf. N. HERMANN, «Brain dominance technology», in R.L. CRAIG (ed. ) Training and development handbook, New York, McGraw–Hill, 1987.

↑ 11 Cf. G. PORCELLI e P.E. BALBONI (eds.), Glottodidattica e Università, Padova, Liviana Editrice, 1991.

↑ 12 P. E. BALBONI, Glottodidattica: un saggio politico, www.ameritalia.id.usb.ve, p. 4

↑ 13 Ibidem.

↑ 14 Sul concetto di autonomia cfr. H. HOLEC, Autonomy and Foreign Language Learning,Strasburgo, Consiglio d’Europa,1979; ID., Autonomy and Self-Directed Learning. Present Fields of Application, Strasburgo,Consiglio d’Europa, 1988;M.J. GREMMO, P.RILEY, «Autonomy, self-Direction and Self-Access in Language Teaching and Learning. The History of an Idea», System 2,1995.

↑ 15 F. Van PASSEL, L’enseignement des langues aux adultes, Bruxelles/Paris, Labor/Nathan, 1970; G. FREDDI, Gli adulti e le lingue, Milano, Minerva italica, 1974; D. NUNAN, The learner-centred- curriculum, Cambridge, Cambridge University Press, 1989; H. McKAY, A. TOM, Teaching adult second language learners, Cambridge, Cambridge University Press, 1999; P.E. BALBONI, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse., Torino, Utet, 2002; L MADDII, (ed.), Insegnamento e apprendimento dell’italiano in età adulta, Atene, Edilingua,2004; Giuseppe LAGRASTA Manuale di didattica generale per gli adulti, Bari, Laterza, 2004; P.E.. BALBONI, «L’acquisizione di una LSda parte di giovani adulti », in E. PAVAN( ed.) Il lettore di italiano all’estero,Roma, Bonacci,2005; P. BEGOTTI , Insegnare l’italiano ad adulti, Perugia, Guerra, 2006.

↑ 16 P. BEGOTTI,La glottodidattica umanistico-affettiva nell’insegnamento dell’italiano LS ed L2 ad adulti stranieri, cit., p. 4-5.

↑ 17 Cf. H. GARDNER, Multiple intelligencies. The theory in practice, cit.

↑ 18 Cf. M. CHINI, P. DESIDERI, M.E. FAVILLA, G. PALLOTTI (eds.) Imparare una lingua. Recenti sviluppi teorici e proposte applicative. Atti del convegno internazionale dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata, Perugia, Guerra edizioni, 2007.

↑ 19 Tali considerazioni sono dettate allo scrivente dalla esperienza svolta in qualità di responsabile scientifico del CLAUS, Centro Lingistico di Ateneo dell’Università del Sannio, istituito nel 2006 e attivo nel campo della formazione permanente.

↑ 20 F. GRIN,«Economics», in J. Fishman (ed), Handbook of language and Ethnic Identity, Oxford, Oxford University Press, 1999, p. 13.

↑ 21 Cf «Langue, économie et mondialisation», numéro spécial de Français & Société, janvier 2012.

↑ 22 La bibliografia di François Grin sulle tematiche connesse alla economia della lingue è vastissima.Nei riferimenti bibliografici sono state incluse solo quelle effettivamente citate nel corso di questo contributo.

↑ 23 Questa disciplina si articola in una serie di studi e di orientamenti diversi: Lingua e reddito di lavoro; Lingua e integrazione; Lingua e salute socio-economica; Studi sulla dinamica delle lingue nelle attività economiche e sulle modalità di comunicazione in contesti plurilingue ecc. Altro concetto importante nell’ambito dell’economia delle lingue e sul quale si sono soffermati gli studiosi recentemente è quello di valore che si distingue, sempre secondo François Grin, in valeur marchande et valeur non marchande.La valeur marchande designa ciò che può essere studiato a partire da variabili osservabili nello scambio economico,. La valeur non marchande designa invece tutti quegli elementi che benché non osservabili sul mercato, posseggono una valenza economica, come la possibilità di accedere ad altre culture grazie alla conoscenza delle lingue e di instaurare rapporti interpersonali con locutori diversi.

↑ 24 F. GRIN, «Plurilinguisme et multilinguisme au travail: le regard de l’économie des langues», Repères DoRIF, n. 4, Quel plurilinguismo pour quel environnement professionnel multilingue?, dicembre 2013, http://www.dorif.it/ezine/ezine_articles.php?id=136.

↑ 25 Citiamo,atitolodi esempio, M. LACOSTE, «Peut-on travailler sans communiquer? » in A. BORZEIX and B. FRAENKEL (eds) Langage et Travail. Communication, Cognition, action, Paris, CNRS, 2001, p. 21-53; I. BEHR et al. (eds) Langue, économie, entreprise. Le travail des mots, Paris, Presses Sorbonne Nouvelle, 2007; E. Silva , M. McLaughlinet M. Richards,(2007: 195): «Bilingualism and the Globalized New Economy: The Commodification of Language and Identity», in M. Heller (ed)., Bilingualism: A Social Approach, Houndmills: Palgrave, 2007, p.183-206; M. Heller, A. Duchêne, (eds), Language in late capitalism. New York: Routledge, 2012.

↑ 26 F. GRIN, «Plurilinguisme et multilinguisme au travail: le regard de l’économie des langues», Repères DoRIF, n. 4, Quel plurilinguisme pour quel environnement professionnel multilingue?, cit., p. 2.

↑ 27 Ibid, p. 5.

↑ 28 Ibidem.

↑ 29 F, GRIN, Rapport Projet LEAP, «Langues, économie, mondialisation»,Theme issue of Français et Société, n. 22-23, 2011.

↑ 30 F.GRIN, Projet Leap, Observatoire économie, langues, formation, UNIGE www.unige.ch/traduction-interprétation/recherches/groupes/elf

↑ 31 Ibid, p.7.

Pour citer cet article :

Giulia PAPOFF, « Les langues, ça compte »: Strategie linguistiche e formazione permanente, Du labyrinthe à la toile / Dal labirinto alla rete , Publifarum, n. 26, pubblicato il 31/05/2016, consultato il 19/04/2024, url: http://www.farum.it/publifarum/ezine_articles.php?id=351

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482

Site réalisé avec DOMUS