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Marinai vestiti da marinai e cinesi vestiti da cinesi: lo stereotipo in Zagor. Uno studio su “La setta cinese”.

Simone TORSANI



Introduzione

Era stato un marinaio e un peccatore, due parole che nel lessico della mamma erano sinonimi (Stephen King, Carrie)

Che i fumetti siano spesso stati veicolo di stereotipi è un fatto noto e ribadito dalla ricerca (v., per esempio gli studi di Barshay 1974; Glascock e Preston-Schreck, 2004; Pinet, 1978; Shaheen, 1994, per citarne alcuni). Il fumetto, soprattutto quello popolare, sembra un oggetto privilegiato per comprendere i suoi fruitori e, in ultima analisi, la società che lo ha prodotto. Ne è un esempio lo storico studio di Young (1969) nel quale l’autore mette in relazione la diffusione del fumetto di avventure negli anni ’30 con la crisi economica e col caos sociale conseguente alla Grande Depressione. La tesi di Young è che il fumetto di avventura non sarebbe escapista, cioè non sarebbe un diversivo per un pubblico in cerca di evasione, ma, al contrario, rappresenterebbe il desiderio di ritorno a quell’ordine che la Depressione aveva infranto Nei fumetti di avventura l’eroe riporta l’ordine dove è il caos: una descrizione che calza, peraltro, anche a Zagor, il protagonista di questa ricerca. Per meglio inquadrare Zagor, che comparirà circa trenta anni più tardi, è necessario ritornare a due fumetti di avventura degli anni ’30, Tarzan e Flash Gordon, che dell’eroe di Darkwood costituiscono due tra i principali modelli (Burattini e Romani, 2009).
Come nota sempre Young, Tarzan, il primo fumetto di avventura, introduce (forse vista anche la sua origine cinematografica) importanti novità nell’estetica del fumetto, come per esempio la prospettiva, la cura nelle ambientazioni e la variazione nelle inquadrature. Ferri, il disegnatore che ha dato forma al personaggio di Zagor, non ha mai nascosto il suo debito verso Tarzan e verso i disegnatori di avventura di quegli anni (Romani, 2013) e, d’altra parte, ancora il combattimento subacqueo della copertina de Il mostro di Philadelphia (2016),1 ricorda molto da vicino il combattimento subacqueo tra Tarzan e un gorilla in Through the Top of the Jungle di Harold Foster del 1932

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Figura 1 - Copertina di un fumetto ispirato a Tarzan (Jungle Comics n.1, 1940).
Immagine di pubblico dominio. Fonte Wikimedia

A prescindere dall’aspetto grafico, Tarzan, come più tardi Zagor, è un uomo, bianco, che vive nella giungla nella quale fa rispettare la legge sia agli animali che ai suoi selvaggi abitatori. Tarzan, inoltre, è caratterizzato da estrema agilità e forza e si muove nella giungla saltando tra gli alberi aiutato dalle liane: due caratteristiche che saranno riprese anche da Zagor. Non è un caso, infatti, che Zagor sia spesso definito come un personaggio tarzanide (il termine è stato coniato da Francis Lacassin, autore del noto studio Tarzan: mythe triomphant, mythe humilié), cioè che possiede alcuni caratteri propri di Tarzan: la prestanza fisica, un rapporto privilegiato con la natura e con le tribù di nativi del suo territorio. Tutti questi caratteri sono propri anche di Zagor, il cui aspetto è stato ispirato, tra gli altri, da Johnny Weissmuller e Gordon Scott, due storici attori che hanno impersonato Tarzan.

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Figura 2 - Johnny Weissmuller in Tarzan the Ape Man (1932).
L’attore, campione olimpico di nuoto, è stato preso da Gallieno Ferri come uno dei modelli per Zagor. Fonte Wikimedia

Da Tarzan (Eco, 1978) Zagor riprende, almeno in parte,2 anche il parsifalismo (oltre che un vestito collante che ne mette in mostra i muscoli), ma non è questa la sede per affrontare con la dovuta attenzione l’argomento, al quale comunque Lacassin (1963), e poi Eco, dedicano spazio.

Altra fonte di ispirazione primaria per Zagor è Flash Gordon, anche questo un fumetto di avventura degli anni ’30. In Flash Gordon è estremizzata, forse anche visto l’avvicinarsi della seconda guerra mondiale, l’opposizione tra bene e male.

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Figura 3 - Copertina di Flash Gordon (1396).
Immagine di pubblico dominio. Fonte Wikimedia

Molti elementi del fumetto sono ripresi in Zagor: il pianeta Mongo, per esempio, con la sua ricchezza di ambientazioni costituisce, nell’intenzione di Guido Nolitta (nome d’arte di Sergio Bonelli, l’ideatore del personaggio), un modello della foresta di Darkwood, teatro di molte delle avventure Zagor, e contenitore di una moltitudine di scenari, dalla foresta ai deserti, dalle montagne ai canyon. Soprattutto, in Flash Gordon il nemico ha un nome e un volto e l’opposizione bene/male è esemplificata nel conflitto tra l’eroe, Flash Gordon, che salva la terra dalla distruzione e il malvagio Ming, per molti la rappresentazione del “Pericolo giallo”, cioè della “idea che l'Occidente sarà un giorno sopraffatto e conquistato dalle potenze dell'Oriente, irresistibili, oscure e occulte” (Marchetti, 1994: 2, trad. nostra). Lo stereotipo del pericolo giallo ha in Flash Gordon una dimensione fortemente politica: Antonio Angeli sul Tempo denuncia nel che l’ottantesimo compleanno del personaggio (2014) è passato sotto silenzio, perché questi sarebbe un eroe “di destra”, riprenderebbe il mito del superuomo e, soprattutto, sarebbe razzista:

Il capo dei cattivi, Ming, ha le fattezze di un mandarino cinese. E questo poteva andare bene allora [nel 1938, n.d.A.], prima che Nixon stringesse la mano a Mao. Oggi l’Oriente non è più misterioso e la Cina non è una minaccia, anzi, è un’opportunità. Questi orientali tutti infidi e traditori, in tempi di globalizzazione, non possono che creare fastidio. (Angeli, 2014)

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Figura 4 - L'imperatore Ming, il malvagio di Flash Gordon (1936), per molti la personificazione del "Pericolo Giallo". Fonte Wikimedia

Flash Gordon è stato oggetto di studi, per esempio Barshay (1974), volti a illustrare l’uso politico nel fumetto dello stereotipo etnico. Anche in Zagor lo stereotipo è presente, benché, è la tesi del presente saggio, con una funzione iconografica e narrativa che, tuttavia, si adegua al mutare della sensibilità, col risultato che, nella storia della Setta Cinese, oggetto del presente studio, gli stereotipi sui cinesi sono molto meno marcati rispetto alla precedente storia del “sigillo dell’Imperatore” (1978).

Zagor, l’eroe

Come progetto editoriale Zagor nasce alla fine degli anni ’50 dall’incontro tra Sergio Bonelli, che del fumetto sarà per anni il principale sceneggiatore, e Gallieno Ferri, che invece ne sarà il disegnatore fino alla morte: è quest’ultimo che contribuisce in maniera decisiva alla realizzazione grafica dell’eroe. Il fumetto racconta le avventure di Zagor-te-nay (nome attribuitogli dagli Indiani, e che significa “spirito con la scure”), il cui vero nome è Patrick Wielding, un eroe che vive, insieme all’amico Cico, nella palude di Darkwood, un luogo imprecisato nel nord est degli Stati Uniti, nei primi decenni del XIX secolo.

Il fumetto nasce in un periodo florido per questo genere di letture, che costituivano, a partire dal dopoguerra, uno dei principali canali di intrattenimento per i giovani (Romani, 2013). Non c’è qui lo spazio per riassumere, seppur brevemente, la storia del fumetto in Italia in quel periodo, basti dire che si trattava di prodotti popolari che spesso riprendevano, come anche Zagor, i caratteri dei fumetti e della fiction popolare americana. Tex, uno dei più noti fumetti italiani, edito dall’allora edizioni Araldo (la stessa casa editrice di Zagor), è un cow-boy che, insieme ad altri, si rifà al genere western. Tex, tuttavia, era indirizzato a un pubblico adulto e per questo un distributore propose a Sergio Bonelli di ideare un personaggio adatto a un pubblico più giovane; Bonelli, che aveva da poco incontrato Ferri, iniziò a lavorare con al nuovo personaggio (Burattini e Romani, 2009). Il nome, confesserà poi lo stesso Bonelli nella posta di Zagor è un misto tra i nomi di Za la mort, un personaggio cinematografico dell’epoca del muto vagamente somigliante ad Aresnio Lupin, e Flash Gordon.

Si sbaglierebbe tuttavia a ridurre il personaggio ai modelli di riferimento, dei quali, invece, costituisce uno sviluppo sia nella dimensione della profondità psicologica, sia nell’ispirazione tematica. In Zagor, come già anticipato, l’opposizione bene/male, e quindi la componente etica e psicologica, si sviluppa fin da subito. Nella storia Zagor Racconta (1969), per esempio, si scopre che il personaggio è figlio di un ufficiale dell’esercito che lo vede trucidare, insieme alla madre, da un gruppo di guerrieri Abenaki; dopo aver vendicato la morte del padre, Zagor apprende che anche il padre aveva trucidato degli indiani e che, quindi, il suo assassinio era stato una vendetta. Così il protagonista scopre che bene e male, torto e ragione non sono mai da una parte sola. La coscienza della complessità del problema etico ben si adegua al ruolo di mediatore tra indiani e bianchi che è all’origine di numerose avventure del personaggio: si noti che il fumetto è ambientato nella prima metà dell’800, un periodo nel quale, come ricorda lo stesso Bonelli, gli Indiani d’America avevano ancora un ruolo di primo piano nell’area che sarebbe diventata gli Stati Uniti.
La scelta di ambientare il fumetto in un luogo immaginario ha lo scopo di ampliare gli scenari, una necessità fondamentale, vista la ricchezza dell’ispirazione. Nella foresta di Darkwood, infatti, trovano posto paludi (dove abita Zagor), foreste, montagne e deserti: nell’ultima storia in edicola Il tesoro della piramide (maggio 2016) l’azione si svolge in un deserto nel quale anni prima l’archeologo Krebs aveva voluto ricostruire le piramidi d’Egitto e nominarsi faraone.

La professione di Zagor non è chiara e, come sostiene Young (ibid.) a proposito degli eroi dei fumetti, il denaro non è mai una preoccupazione per lui, mentre lo è spesso per il suo amico Cico, grande amante del cibo, e quindi dei ristoranti. Il denaro, secondo Young, rappresenta una cartina di tornasole che individua l’etica di un personaggio: Cico, il compagno di Zagor, ha bisogno di denaro solo per procurarsi cibo raffinato, e per ottenerne ricorre a piccole e maldestre truffe; il cacciatore di tesori Digging Bill, altro amico di Zagor, dimostra un livello di moralità più basso e ricorre spesso a raggiri per trovare un tesoro; i cattivi, al contrario, sono avidi e non esitano a uccidere per denaro.

La caratteristica principale del fumetto è la ricchezza dell’ispirazione. Le storie di Zagor in origine hanno un forte taglio western, ma fin da subito l’elemento fantastico o avventuroso emerge: in Terrore! (19613 ) Zagor e Cico incorrono in una tribù di indiani pigmei guidati da un ex acrobata che vola usando ali finte. Le fonti di ispirazione del fumetto coincidono di fatto con la fiction, sia essa horror (per es. la storia Zagor contro il vampiro), fantascienza (per es. la storia Terrore dal sesto pianeta), di avventura (per es. la storia Oceano), per citarne solo alcuni. Non mancano, infine, i riferimenti letterari, per esempio a Moby Dick (Incubo sul Mare, 2014); addirittura Edgar Allan Poe è, nel fumetto, amico di Zagor e ha un ruolo di primo piano in diverse storie, per esempio Il mostro di Philadelphia (2016).

Stereotipi in Zagor

In Zagor lo stereotipo ha intenti per lo più estetici e narrativi. Nel fumetto non si ha quasi mai difficoltà ad identificare i diversi personaggi e il loro ruolo: i marinai, per esempio, indossano spesso maglie a righe orizzontali bianche e nere, amano alcol e tabacco, il gioco d’azzardo e frequentano prostitute. I trapper, altra categoria piuttosto frequente nel fumetto, indossano il tipico cappello di castoro con la coda, sono spesso uomini rudi e pragmatici. I marziani, che nella serie si chiamano akkroniani, riprendono il tipo classico del marziano nella fiction: basso e con un capo sproporzionatamente grande, d’altra parte i “marziani, naturalmente (come si deduce dall’iconografia fantascientifica, da Wells a Mars Attacks di Tim Burton, sono tutto cervello, e perciò hanno un’enorme testa che ne sovrasta il corpo.” (Senaldi, 2003:220). I cinesi sono spesso identificati come possessori di una cultura antica e raffinata, hanno un atteggiamento filosofico, vestono lunghe cappe e non di rado hanno le mani nascoste all’interno delle ampie maniche. Nella storia a loro dedicata i Vichinghi (L’ultimo vichingo, 1979), vestono un elmo cornuto (o con le ali) e guidano un drakkar, naturalmente con la testa di drago sulla polena; il barone vampiro Rakosi, ha le fattezze di Christopher Lee in Dracula (1958); i russi (Agli ordini dello zar, 1976) sono vestiti da cosacchi con il colbacco.4

Applicazioni dello sterotipo

Lo stereotipo si applica, in genere, su livelli diversi. Se un gruppo è compatto e non emergono personalità al suo interno, lo stereotipo si applica alla sua interezza: è il caso dei marinai della storia La setta cinese, sono tutti vestiti uguali, con la maglia a righe e il cappello bianco. Al contrario, se in un gruppo ci sono dei personaggi con una funzione o una personalità ben precisa, lo stereotipo si applica (se si applica) al singolo individuo: dei marinai della multietnica Golden Baby, la nave baleniera agli ordini del capitano Fishleg, si conoscono i nomi e ognuno di loro ha un abbigliamento ben preciso, oltre a Ramath, il fachiro indiano, ci sono Gaston, il cuoco francese, Tarawa il melanesiano antropofago vestito da selvaggio e Zarkoff il russo, per citarne alcuni. Ognuno di essi ha una funzione ben precisa e veste o ha tratti somatici propri del gruppo che rappresenta: il cuoco Gaston, per esempio, indossa il tipico copricapo da chef ed è protagonista di scene comiche sul tema del cibo insieme a Cico (per esempio, nella storia sui pirati, nell’albo Zombi!, 1973, Cico si offre di portare al capitano Fishleg il coq au vin preparato da Gaston per mangiarselo di nascosto).

Un caso a parte è quello degli indiani. Se, infatti, anche in questo caso non mancano, soprattutto nei primi albi, gli stereotipi, per esempio il modo di esprimersi (l’imprecazione tipica degli indiani è “Per Manito!”), gli indiani rappresentano un gruppo di primo piano nel fumetto e, quindi, la loro rappresentazione è spesso più realistica o quantomeno più curata rispetto ad altri gruppi. Ne La setta cinese i guerrieri Shawnee sono rappresentati in maniera corrispondente alla realtà storica, con il capo rasato e una striscia di capelli al centro della testa, anche i guerrieri Wichita sono rappresentati in maniera realistica (Sinclair, 1909), con vistosi tatuaggi sul volto. La maggior cura nella caratterizzazione degli indiani, tuttavia, è un tratto che è emerso col tempo: lo stesso Ferri ricorda che all’inizio lui e Nolitta non si documentavano sull’argomento (Romani, 2013).

In genere, anche i personaggi di rilevo sono stereotipati, soprattutto quando rappresentano un gruppo preciso. Per esempio, Ramath, il fachiro, è magro, seminudo, con una folta barba e vistosi orecchini; Fishleg, capitano della baleniera Golden Baby ha una gamba di osso di balena (di qui il nome), la barba bianca e il cappello da capitano; lo stesso Cico, il compagno di Zagor, indossa un completo verde da messicano, ha i capelli corvini lisci e un paio di baffetti neri, come del resto praticamente tutti i messicani nell’albo Cico Story (1979); il detective pasticcione Bat Batterton, infine, ha un abbigliamento che ricorda molto quello tradizionale di Sherlock Holmes. Sebbene dotati di una personalità e di ruoli importanti nelle storie questi personaggi sono in genere appiattiti sulla loro funzione primaria: Fishleg è in tutto e per tutto un capitano, rimprovera spesso i suoi marinai e usa espressioni come “Corpo di mille balene!”; Bat Batterton è ossessionato dal portare a termine un’indagine e Cico è orgoglioso, ma pusillanime e protagonista di scene comiche che allentano la drammaticità dell’azione.

Funzioni dello stereotipo

In Zagor lo stereotipo evolve, probabilmente anche in virtù del mutare dei tempi e della sensibilità; lo si noterà a proposito della Setta cinese (2004) nella quale i cinesi sono molto meno caratterizzati rispetto a una storia anteriore, Il sigillo dell’imperatore (1978). In tempi politicamente corretti, l’esercizio, piuttosto retorico, di ricercare, con fare quasi inquisitorio, stereotipi nella cosiddetta “cultura popolare”, soprattutto quella anteriore, è una pratica abbastanza diffusa (v. per es. Lemons, 1977). In questo senso, stereotipo è per lo più inteso come stereotipo etnico, un tipo che in Zagor non sembra mai aver avuto finalità politiche. Semmai, lo stereotipo ha, in Zagor, una funzione estetica e narrativa, che è tutta interna al fumetto. Anzi, in Zagor lo stereotipo ha diverse funzioni, tutte collegate alla peculiarità del fumetto, che è quella di mettere in contatto, e integrare, elemrenti (per es. indiani contro marziani;) e generi (es. horror e western) assai distanti tra loro.

Una prima funzione dello stereotipo, comune anche ad altri fumetti Bonelli, è quella di giustificare le motivazioni di un personaggio, soprattutto quando le sue azioni hanno un ruolo determinante nell’evoluzione della trama (funzione realistico-motivazionale). Il caso classico è quello della tribù indiana nella quale un capo vecchio saggio viene sfidato/ sostituito/ spodestato da un guerriero ambizioso che fa leva sull’irruenza dei giovani guerrieri per prendere il potere mettendo in gioco la pace con i bianchi e le altre tribù: un esempio è la storia Un patto infame (1993) dove il saggio capo Orso-che-grida muore e viene sostituito da Komotai che fomenta i suoi bellicosi guerrieri. Questa funzione è molto importante perché lo stereotipo dà realismo alla trama: gli akkroniani, come in genere i marziani, vogliono invadere la terra; i marinai, come in genere i marinai, amano l’alcol e il gioco d’azzardo. Ogni azione causata da queste motivazioni è realistica perché istituzionalizzata dallo stereotipo.

La seconda funzione assolta dallo stereotipo è quella di descrivere sinteticamente e connotare un gruppo, quando due o più gruppi eterogenei, cioè gruppi che non sono normalmente in relazione tra loro, si incontrano (funzione descrittiva). È il caso dei marziani che nella serie, in storie come Terrore dal sesto pianeta (1980) e Il giorno dell’invasione (2015), interagiscono con gli Indiani, certo due elementi distanti tra loro, almeno nella fiction. Qui il marziano è il tipo classico della fiction degli anni ’50, malvagio e tecnologicamente avanzato che si scontra con gli Indiani, aiutati da Zagor, che li sconfiggono con la loro tradizione (l’albo che conclude la storia si intitola, appunto, Magia indiana). Rispetto a fumetti più tardi e con un focus più ristretto, in Zagor il rapporto con l’altro si muove su un piano orizzontale. In Dylan Dog (almeno nella sua versione classica degli anni’90), fumetto a tema horror, il capovolgimento dello stereotipo è la norma e l’incontro con il mostro/cattivo rivela spesso una realtà più profonda (sviluppo verticale) nella quale spesso si scopre che il mostro è in realtà una vittima. In molte storie di Zagor nelle quali elementi eterogenei, come gli indiani e i marziani, si incontrano questo capovolgimento non avviene e, quindi, i marziani rimangono i cattivi. Questo non significa che nelle storie di Zagor non vi siano capovolgimenti di prospettiva o che manchi la profondità psicologica, tutt’altro: lo speciale La banda dei cinque (2016) ne è un esempio; in questo caso, però, non ci sono elementi eterogenei che si incontrano perché la storia è una classica storia western.

La terza funzione dello stereotipo è quella di inserire i protagonisti in una realtà estranea al loro habitat naturale (funzione immersiva). È vero che la foresta di Darkwood è stata progettata per essere un contenitore di ambientazioni diverse (paludi, deserto e perfino civiltà antiche che vivono in cima ai monti, come ne La città sopra il mondo, 1990), ma Zagor è comunque ambientato nel Nord America dei primi decenni del XIX secolo, cioè è un western. Quando l’ambientazione cambia (talvolta anche in maniera radicale) occorre facilitare il passaggio: lo stereotipo, allora, aiuta il lettore nel mutamento di scenario necessario perché la storia si sviluppi. È il caso della storia del Sigillo dell’Imperatore (1978), nella quale Zagor è impegnato in un intrigo interno alla società cinese trapiantata negli Stati Uniti: la caratterizzazione dei cinesi e della loro Chinatown secondo i canoni e gli stereotipi della fiction (i cinesi vestono lunghe cappe, tengono le mani dentro alle maniche e parlano per proverbi) è necessaria al lettore per immergersi in questa nuova atmosfera: anche in questo caso, ogni approfondimento volto a rovesciare lo stereotipo consumerebbe spazio alla storia principale.

La quarte funzione è, al contrario, quella di integrare un elemento estraneo nella realtà di Zagor (funzione integrativa). La nota storia Zagor contro il vampiro (1972), inizia con Zagor e Cico che si uniscono a una carovana per accompagnare il figlio di un loro amico di vecchia data che la guida. Durante il viaggio la carovana viene funestata da eventi omicidi, che si scoprirà in seguito essere collegati al barone Rakosi - il vampiro appunto – e che daranno il via a tutta la storia. È interessante osservare la panoramica di personaggi che prendono parte alla carovana, tra questi gli Zambrakis, “che si erano stancati di grattare inutilmente la sterile pietrosa terra di Grecia” (p. 26). L’immagine è forte: una famiglia di emigranti greci abbigliati con vestiti tradizionali per identificarli meglio, il padre guida il conestoga con due folti baffi neri, la madre vestita con quella che sembra una tunica, tiene in mano una neonata e guarda in avanti con dignità e speranza. Lo stereotipo ha, in questo caso, la funzione di definire una cornice realistica, l’emigrazione europea e il mito dell’America come terra delle opportunità, all’interno della quale è integrata una storia che ha, in origine, un'altra ambientazione.5

Lo stereotipo ha, infine, un ruolo importante negli intermezzi comici dei quali è protagonista Cico, il cui scopo è quello di allentare la drammaticità della narrazione. La comicità di Cico è per lo più di tipo parodistico ed è incentrata sull’inadeguatezza del personaggio alle diverse situazioni in cui si trova. Nelle parti a lui dedicate gli stereotipi sono ancora più marcati e caratterizzano meglio la comicità della situazione: nella scena del “sigillo” in cui Cico e Batterton ricercano una statua incontrano un furbo cinese che, parlando per proverbi, li raggira e vende loro a caro prezzo la statuetta. Nella copertina di Cico cercatore d’oro, Cico sta setacciando l’acqua di un fiume ignaro di essere bersaglio di un indiano (qui rappresentato secondo l’iconografia classica, con la faccia dipinta e la piuma in testa), di un bandito (col volto coperto da un cappuccio) e di uno sceriffo (ritratto con la camicia a quadri, il cappello a tesa larga e la stella appuntata).

Lo stereotipo, insomma, costituisce una griglia che aiuta il lettore nel lavoro di interpretazione della storia che, vista appunto la ricchezza dell’ispirazione, non è mai prevedibile: quando si inizia a leggere una storia di Zagor non si sa mai se questa si sposterà nel piano del fantastico, dell’avventura o del semplice western.

"La setta cinese"

Storia vecchio stampo rispetto ai più recenti sviluppi del fumetto, La setta cinese (2004) propone una trama lineare e classica nella quale Zagor e i suoi amici devono affrontare terribili prove in un sadico gioco di morte organizzato dalla setta degli adoratori del dio Butakama, che costringono le loro vittime combattere in cinque arene consecutive.

Sinossi

La storia inizia con la misteriosa cattura di due cacciatori Shawnee da parte di guerrieri Wichita. In un dialogo successivo tra Zagor e altri con i capi della tribù si scopre che la banda di indiani rapisce in genere persone isolate, indiani, trapper e cacciatori in genere: Zagor, naturalmente, si offre di indagare sulle misteriose sparizioni. Prima del suo commiato un giovane guerriero, Nabash, si offre di aiutarlo, ma Zagor rifiuta il suo aiuto perché troppo giovane. Per proseguire le indagini Zagor e Cico si spostano a Elmerville, dove notano un affollamento di trapper: un uomo d’affari, Haksell, sta comprando pellicce a un prezzo molto vantaggioso. Presto si scatena una rissa tra i trapper che Zagor interrompe prontamente ristabilendo l’ordine e l’armonia. Poco dopo Zagor incontra un vecchio amico Spingler, un carpentiere che è impegnato nelle riparazioni alla barca di Haskell. Durante la loro sosta a Elmerville Zagor e Cico si imbattono nell’inaugurazione di un ristorante nel quale, annunciano i proprietari, si mangia gratis: i due entrano per scroccare un pasto insieme a numerosi trapper. Il proprietario comunica ai suoi avventori di essere stato in Francia a perfezionarsi e che offrirà agli impazienti avventori loro un piatto raffinato della cucina francese. Qui li attende, però, una brutta sorpresa: il piatto forte è costituito da lumache, piatto che i trapper non conoscono (curiosamente non lo conosce neanche Cico, che è un appassionato di cucina francese, che considera raffinata), né apprezzano e per ripicca distruggono il locale del povero ristoratore.

Durante la notte Zagor si avventura nella foresta per poter seguire i misteriosi indiani, ci riesce quasi, ma un gruppo di trapper mette maldestramente in fuga gli indiani, mandando in fumo il suo piano. Tornato in città Zagor scopre che il suo amico Spingler è morto. Per indagare sulla morte dell’amico, Zagor e Cico incontrano Haksell sulla sua barca, ma questi, con un inganno, li fa scendere in coperta e qui, insieme al suo aiutante Tate e ad alcuni marinai, li rapisce. La nave di Haskell lascia Elmerville e si incontra con una canoa di indiani Wichita nella quale si trova anche Nabash, il giovane guerriero Shawnee, che è stato catturato. I prigionieri vengono portati in una grotta segreta, raggiungibile solo via fiume, nella quale si trova una cittadella in stile cinese. Durante il trasferimento Nabash tenta di fuggire, ma è colpito da Haskell e cade in acqua, apparentemente morto. Haskell racconta il suo incontro con un commerciante, Ho Tien, il quale gli aveva confidato di essere l’amministratore di una ricca setta di cinesi, adoratori del dio Butakama, al quale la setta offre lotte all’ultimo sangue. Haskell aveva proposto al capo della setta, KoChing, di trovargli un luogo dove svolgere i combattimenti e di fornirgli guerrieri. Zagor comprende che lui e gli altri prigionieri dovranno partecipare al sanguinoso rituale e lottare in cinque arene osservati dagli adoratori di Butakama. La regola è semplice dovranno attraversare, combattendo, ogni arena prima di approdare alla successiva: se arriveranno in fondo, comunica loro Ho Tien, otterranno “il più ambito dei premi: un altro giorno di vita”. Ogni arena prevede un tipo di combattimento diverso: nella prima devono combattere contro un gruppo di guerrieri; nella seconda devono evitare delle frecce lanciate da arcieri posizionati sugli spalti; nella terza, dopo essere stati cosparsi di petrolio, devono evitare le torce di un altro gruppo di guerrieri; nella quarta affrontano un gruppo di guerrieri armati di mazze avvelenate. I combattenti muoiono via via che il gruppo procede e solo Zagor arriva vivo all’ultima arena, dove dovrà affrontare un gigantesco guerriero in armatura, che riesce a sconfiggere grazie alla sua abilità.

Durante la cena, Zagor e i suoi amici riescono a stordire le guardie e a fuggire dalla loro cella, durante una rocambolesca fuga in barca, incrociano i guerrieri Shawnee e da un gruppo di trapper allertati da Nabash, che non era morto, ma era riuscito a fuggire. Gli adoratori di Butakama e i loro seguaci sono costretti a rinchiudersi nella fortezza in attesa di rinforzi: Zagor, i trapper e gli indiani riescono a fare breccia nella fortezza usando delle barche come arieti. Dopo una sanguinosa battagliagli adoratori di Butakama sono sconfitti. Ritornati a Elmerville Zagor e i suoi amici assaltano la nave di Haskell, che però è in città. Zagor va alla sua ricerca e, dopo una breve lotta con il gigantesco Tate, suo aiutante, lo cattura e lo assicura alla giustizia. La storia si conclude con la tradizionale battuta di Cico sul cibo; in questo caso, Cico aveva incontrato un cuoco cinese e, spaventato dalla brutta avventura, lo aveva aggredito: una volta compreso che il poveretto non è un personaggio minaccioso, è felice di non aver colpito un cuoco “la persona più sacra sulla terra”.

Tematiche della storia

La storia riprende uno dei temi più sfruttati dalla fiction di avventura e di fantascienza: la lotta per la salvezza e la fuga da un luogo pericoloso come macabro spettacolo. Sebbene si possano trovare tracce di questo tema già nell’antichità, per esempio nel mito del labirinto, dal quale sia Dedalo sia Teseo riescono fortunosamente a fuggire o, ancora, nei giochi gladiatori romani, o meglio nei supplizi dei condannati a morte (Guidi, 2006), il tema ha successo soprattutto nella fiction moderna.

Uno dei primi lavori a trattare l’argomento è il racconto breve del 1924, The Most Dangerous Game di Richard Connel nel quale un cacciatore, Sanger Rainsford, fa naufragio in un’isola governata da un eccentrico generale russo, Zaroff, che lo costringe a un gioco nel quale Rainsford sarà la preda e Zaroff il cacciatore. Grazie alla sua esperienza come cacciatore, acquistata in giro per il mondo, Rainsford riesce a sopravvivere alla caccia e, alla fine, ribalta la situazione divenendo lui cacciatore di Zaroff (game in inglese significa non solo “gioco”, ma anche “preda”: nel titolo italiano del racconto, La preda più pericolosa, il doppio senso non è mantenuto).

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Figura 5 – Una scena dal film The most dangerous Game (1932),
tratto dall’omonimo racconto. Fonte Wikimedia

Il tema della fuga e della sopravvivenza come gioco è ripreso in altre opere, letterarie e cinematografiche, tra cui la nota e recente serie The Hunger Games (2010); anche Stephen King, con lo pseudonimo di Richard Bachman, si è cimentato in un romanzo di caccia all’uomo, The Running Man (1982), che diventerà poi un noto film interpretato da Arnold Schwarzenegger, L’implacabile (1987). Il racconto di Bachman descrive una società distopica nella quale è lo stato stesso a organizzare il gioco, al quale prendono parte i condannati per reati (politici). Il gioco, detto appunto Running Man, nel quale devono sfuggire a diversi cacciatori che li inseguono, è ripreso da telecamere e trasmesso alla televisione.
The Most Dangerous Game da una parte, The Running Man e The Hunger Games dall’altra costituiscono due varianti dello stesso tema. Il racconto di Connel inizia con Rainsford e un suo compagno di caccia che parlano proprio del diverso ruolo di cacciatore e preda, cioè quello che accade nel racconto, dove la caccia è l’occasione per mettere in scena un’inversione dei ruoli: il cacciatore diventa preda, ma, grazie alla sua abilità, ritorna ad essere nuovamente cacciatore. Si noti che anche La setta cinese inizia con due cacciatori Shawnee che finiscono per essere prede di cacciatori Wichita, che nel racconto sono alleati della setta cinese. Il tema potrebbe essere letto in chiave politica e, tra le altre cose, rappresentare il senso di pericolo, analogo al già citato “pericolo giallo”, che il mondo occidentale sente nel momento in cui gli imperi coloniali iniziano a decadere (il racconto di Connel è del 1924) e nuove potenze, come la Russia, emergono all’orizzonte: si noti che il generale Zaroff è russo. Il cacciatore bianco che viaggia il mondo per catturare prede è il simbolo stesso del potere capillare degli imperi e delle economie occidentali. L’isola di Zaroff è, allora, un mondo al contrario nel quale l’occidentale è sottomesso, ma, grazie alla sua superiorità tecnica dovuta alla sua mobilità globale (Rainsford ha appreso trucchi dei cacciatori di tutto il mondo), saprà uscire da questa situazione di difficoltà.6

Lo stesso rovesciamento dei ruoli si avrà nella Setta Cinese, dove il mercante Haskell si sottomette ai cinesi attratto dal denaro che essi gli offrono: come già anticipato, la bramosia di denaro è, nei fumetti di avventura, un indice della moralità dei diversi personaggi. Di The Running Man si può invece dare un’altra lettura: qui è la società stessa a essere crudele. L’opposizione, in questo caso è verticale, l'istituzione contro il singolo. In questo senso il paragone con i giochi gladiatori è forte: come nell’antica Roma qui è lo stato a organizzare il gioco di morte. Anche questa prospettiva è rappresentata, pure in maniera minore, ne La Setta Cinese dal momento che la setta costituisce, nel covo, uno stato a sé, con tanto di guardie armate.
Il tema della caccia all’uomo come gioco ha avuto grande fortuna in Zagor, dove compare in diverse storie, tutte ispirate a The Most Dangerous Game: oltre a La Setta Cinese, I cacciatori di uomini (1967), La montagna degli dei (1980) e, più recentemente, Corsa disperata (2015).

Stereotipi ne "La setta cinese"

Nella storia della setta cinese gli stereotipi hanno un ruolo fondamentale nell’economia della narrazione, perché contribuiscono a definire i gruppi e, quindi, a fornire quadri di riferimento importanti nello sviluppo dell’azione.
Il primo gruppo è quello dei trapper. I trapper indossano in genere vestiti a frange e il tipico cappello con la coda di marmotta. Sono uomini rudi e impazienti: fanno a rissa per vendere le pellicce a Haskell e sfasciano il locale del ristoratore che aveva offerto loro delle raffinate lumache. Le scene iniziali a Elmerville, nelle quali i trapper sono protagonisti, li connotano come persone rudi e grezze, ma di grande umanità e buon senso: quando Zagor pone termine alla rissa affermando “Ci siamo divertiti abbastanza” rispondono entusiasti dimostrandosi personaggi dal carattere focoso (la rissa è intesa come divertimento), ma comunque, in genere, razionali e positivi. In quanto rudi e grezzi, si i trapper si contrappongono ai seguaci della setta, animati da una crudeltà e da una follia raffinate, come dimostra Ho Tien che, con sguardo ieratico, dice ai guerrieri che la vittoria nelle arene garantirà loro un altro giorno di vita, il più ambito dei premi. L’opposizione è resa ancora più evidente da Ho Tien, che poco dopo si rivolge a un trapper chiamandolo “selvaggio uomo delle foreste”.

Gli adoratori di Butakama, vestono lunghe e scure cappe con un drago sul petto, hanno tutti capelli lunghi e barba e tengono spesso le mani nelle larghe maniche delle loro vesti. KoChing e Ho Tien, a dimostrazione del loro ruolo di primo piano, hanno una cappe più elaborate. Se, però, questi due nelle prime scene hanno un atteggiamento ieratico, nelle ultime concitate scene di battaglia si comportano in modo assai poco pacato e affrontano la lotta come soldati imbracciando il fucile. In realtà KoChing, il capo della setta, affronta la battaglia affermando di voler sacrificare a Butakama il proprio sangue e quello dei nemici, ma Ho Tien, forse più pragmatico, non sembra condividere la sua volontà di martirio e si concentra su come resistere in attesa di aiuti. Intorno agli adoratori di Butakama si condensano gli stereotipi che nelle storie precedenti erano associati ai cinesi, in particolare quelli malvagi, come Wong Lot della storia del “Sigillo dell’imperatore” (1978).

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Figura 6 - Ho Tien illustra ai prigionieri le regole del gioco.
(Riproduzione della tavola originale di M. Torricelli, collezione privata)

Nella storia del Sigillo gli stereotipi non mancano: i cinesi vivono in America, ma costituiscono una società a sé (dialogo tra Zagor e il capitano Gibson della polizia di Norfolk; dialogo tra Zagor e Choo Fan, il cinese buono); sono spietati (scena della tortura del capitano Gibson; tentativo di dare in pasto agli squali Zagor, la nipote del capitano Fishleg e il capitano Gibson); perseguono i loro obiettivi tramite inganni e trame pur mantenendo una formale cortesia (scena dei sicari sulla nave del capitano Fishleg; scena del capodanno cinese nel quale i nemici Choo Fan e Wong Lot siedono vicini); disprezzano gli “uomini bianchi” (scena della fumeria d’oppio); vestono cappelli di paglia e lunghe cappe. Le differenze tra le due storie, tuttavia, sono notevoli. In primo luogo non ci sono nella “Setta cinese” scene comiche con cinesi protagonisti: nella storia del Sigillo dell’imperatore esse abbondavano, soprattutto con Cico e Bat Batterton come protagonisti.7
Interessante, a proposito di stereotipi, la scena comica che ha per protagonisti una coppia di cinesi, nella quale la moglie trova un capello biondo sulla giacca del marito e gli fa una scenata di gelosia: qui la comicità risiede nel fatto che si tratta di una situazione comune in tutto il mondo. Anche le imprecazioni, tipiche nelle storie di Zagor (“Per Allah!”, dice spesso Hamad l’egiziano, 1973) sono piuttosto rare: Ko Ching si lascia sfuggire solo un “Per Confucio” solo nel cuore della battaglia finale, mentre nella storia del Sigillo praticamente ogni esclamazione da parte dei personaggi cinesi è accompagnata da un “Per Confucio”.

Pur trattandosi di una storia vecchia (nel senso che è stata scritta molto tempo prima della sua pubblicazione), insomma, sembrerebbe essere stata “ripulita” di ogni riferimento potenzialmente offensivo e ogni caratterizzazione eccessiva: i soldati di Ko Ching non hanno praticamente tratti distintivi se non gli occhi a mandorla, e parlano come soldati qualunque: “l’idea di beccarsi un po’ di piombo nelle ossa sicuramente non piace neanche a loro” esclama un soldato durante la battaglia finale.

Gli indiani costituiscono il terzo grande gruppo del racconto, anche se non unitario: come anticipato, le diverse tribù (Shawnee, Wichita e Fox) sono identificate in maniera realistica e poco stereotipata. Unica eccezione è Sakaui, capo della banda di indiani Wichita, alleati del mercante Haskell al quale procurano i prigionieri da rivendere alla Setta: Sakaui è spinto dalla necessità di ottenere il denaro sufficiente ad acquistare fucili per diventare capo della sua tribù al posto del, a suo dire, pavido Woyani. La narrazione riprende qui il tema del guerriero focoso che vuole la guerra con le altre tribù e con i bianchi.

I marinai hanno in questa storia un ruolo per lo più ausiliario, e dal loro gruppo non emergono personalità di rilievo per la storia. Non si conosce il nome di nessun marinaio e tutti sono abbigliati allo stesso modo: maglia a righe orizzontali e cappello bianco con la visiera. I marinai costituiscono la manovalanza di Haskell, ma, mentre i soldati di Ko Ching, non presentano tratti particolari, i marinai di Haskell presentano alcune delle tipiche debolezze dei marinai e dei personaggi di basso rango, che infatti Zagor sfrutta per accedere alla nave di Haskell. Zagor, infatti, convince quelli di guardia sul ponte a farlo salire promettendo loro del tabacco da masticare, e sorprende facilmente quelli in coperta intenti a giocare a carte.
Haskell e Tate, infine, costituiscono due tipi abbastanza definiti. Il primo è l’uomo d’affari senza scrupoli, che pur di guadagnare procaccia alla setta uomini per i loro combattimenti: “questi territori sono pieni di gente che crepa di morte violenta… che male c’è se ci guadagno su un po’ di soldi”. Haskell è abbigliato come un uomo d’affari: veste un panciotto, una cravatta e una tuba. Tate, invece, rappresenta il forzuto (spesso rappresentato completamente calvo, come Tate), un personaggio abbastanza frequente in Zagor, che si scontra spesso con giganti o con persone dalla forza sovrumana: nella storia del Sigillo, per esempio, si scontra con un gigantesco lottatore di sumo.

Riprendendo lo schema proposto nel paragrafo precedente è possibile interpretare i diversi casi e assegnare loro diverse funzioni nell’economia della narrazione. Si rifanno alla funzione realistico-motivazionale diversi personaggi e gruppi: Sakaui, capo della banda di indiani Wichita, si mette in affari con Haskell perché vuole sostituire il suo capo (stereotipo del guerriero dal temperamento focoso che vuole prendere il potere); Haskell sacrifica le persone per denaro (stereotipo del mercante senza scrupoli); la Setta è composta da fanatici che tessono trame nell’ombra e uccidono per un piacere sadico e raffinato (stereotipo dei cinesi come gruppo chiuso e dominato da una filosofia raffinata e spietata ). I marinai, infine, con le loro debolezze (tabacco e gioco), rendono possibile, e realistico, l’assalto di Zagor alla nave di Haskell. La caratterizzazione dei trapper fa, invece, riferimento a quella che è stata definita funzione descrittiva: i trapper sono connotati come uomini forti, semplici e in fin dei conti ragionevoli, in opposizione agli adoratori di Butakama, che sono fanatici e vivono in una dimensione estetizzante e crudele. Il confronto mette in luce le caratteristiche dei diversi gruppi nel momento in cui questi entrano in contatto in modo che essi siano identificabili.

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Figura 7- Trapper e adoratori di Butakama come opposti: il raffinato Ho Tien definisce un trapper “selvaggio uomo delle foreste” (riproduzione della tavola originale di M. Torricelli, collezione privata)

La stereotipizzazione della setta e la cittadella nella quale si svolge il torneo, infine, hanno una funzione immersiva: l’ambientazione è estranea all’universo narrativo di Zagor e la caratterizzazione degli ambienti e dei personaggi serve a immergere i protagonisti nel nuovo scenario.
Come si è potuto osservare, anche in questa storia lo stereotipo ha una funzione per lo più narrativa perché fornisce identità e prevedibilità a personaggi o gruppi. Più interessante, tuttavia, è osservare l’evoluzione rispetto alla storia del Sigillo nella quale lo stereotipo, in particolare quello etnico, è usato con maggior disinvoltura a riprova di una sensibilità comunque diversa rispetto a quella di quasi trent’anni dopo.

Conclusioni

In questo saggio ho ipotizzato che in Zagor lo stereotipo abbia una funzione narrativa, in particolare quella di favorire, in modi diversi, l’integrazione tra elementi eterogenei che, normalmente nelle storie, non sono in contatto tra loro.
La storia della Setta cinese è emblematica di un’evoluzione nell’uso dello stereotipo nel fumetto. Pur mantenendo un ruolo importante, lo stereotipo è stato qui notevolmente ridotto rispetto alle storie precedenti, soprattutto per quanto riguarda gli stereotipi etnici. Non è un caso che la storia termini con Cico che incontra un innocuo cuoco cinese, a dimostrazione della “normalità” dei cinesi, un accorgimento che manca nella storia del Sigillo dell’imperatore. La storia, in ogni caso, non è tra le più amate dai fan di Zagor e molti, nei forum in rete dedicati al fumetto, ne hanno messo in luce i difetti. Sebbene si tratti di una storia minore, ho scelto di parlarne per due motivi: il primo, più ovvio, è che era possibile fare un confronto con una storia precedente e osservare come l’uso dello stereotipo nel fumetto sia evoluto nel tempo; il secondo è che mi ha permesso di citare alcuni argomenti di cui discutevo spesso con Sergio Poli nel nostro ufficio, i fumetti, gli stereotipi e i film di Schwarzenegger.

Riferimenti bibliografici


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BARSHAY, R. (1974). Ethnic Stereotypes in Flash Gardon. Journal of Popular Film, 3(1), 15-30.
BURATTINI M., ROMANI G. (2009), Gallieno Ferri. Una vita con Zagor. Coniglio: Roma
ECO, U. (1978). Il superuomo di massa: retorica e ideologia nel romanzo popolare. Bompiani.
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Notes

↑ 1 Ferri è stato autore delle copertine di Zagor fino alla sua scomparsa nell’aprile 2016.

↑ 2 In realtà Zagor è protagonista di alcune scene romantiche, come nel “sigillo dell’Imperatore”.

↑ 3 L’anno di pubblicazione delle prime storie di Zagor non è sempre chiaro, le prime storie, infatti, sono uscite prima su striscia e poi in albo.

↑ 4 Il cappello è un elemento spesso usato nella caratterizzazione dei personaggi: oltre al colbacco per i russi, c’è il cappello da chef per i cuochi, il berretto da marinaio, il cappello di paglia per i cinesi, la tiba per gli uomini d’affari, il cappello con la marmotta per i trapper, il cappellino lezioso per le signore borghesi ecc.

↑ 5 L’operazione di trasportare la storia del vampiro dalla Transilvania nel west, peraltro, riesce fino a un certo punto, dal momento che lo sviluppo della storia rimane nel solco della fiction horror, con tanto di castello gotico al quale i personaggi arrivano durante un temporale, vampiro col mantello nero a falde alte e duello finale all’alba.

↑ 6 Si noti che Eco (1978) osserva, a proposito di tarzanidi, come nel film Un uomo chiamato cavallo il protagonista, un lord inglese che si integra nella società degli indiani, nella quale “emerge perché possiede alcune tecniche che lo rendono più abile” (Eco, 1978:136).

↑ 7 Batterton è un detective pasticcione e tenta di imitare la nota capacità di travestimento di Sherlock Holmes. Convinto della propria abilità nel travestimento entra in scena camuffato da cinese, con tanto di cappello di paglia e finto accento cinese (“Avete lagione giovanotto! Vi chiedo scusa… noi cinesi siamo ploplio distlatti, talvolta!”), ma viene subito scoperto da Zagor.

Pour citer cet article :

Simone TORSANI, Marinai vestiti da marinai e cinesi vestiti da cinesi: lo stereotipo in Zagor. Uno studio su “La setta cinese”., Du labyrinthe à la toile / Dal labirinto alla rete , Publifarum, n. 26, pubblicato il 31/05/2016, consultato il 18/04/2024, url: http://www.farum.it/publifarum/ezine_articles.php?id=379

 

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