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Conoscenze e competenze nell’attività terminologica e terminografica

Franco Bertaccini e Claudia Lecci


INTRODUZIONE

In questo articolo affronteremo il problema della forma delle schede terminologiche per traduttori e interpreti.
Prima però di formalizzare tale distinzione, cercheremo di analizzare le due principali tipologie di ricerca terminologica: sistematizzata e ad hoc.

Inizialmente, quando vogliamo “fare” terminologia e soprattutto terminografia, dobbiamo valutare, a seconda dell’uso e della situazione nella quale si opera, se realizzare terminologia sistematizzata oppure terminologia ad hoc.

Quando parliamo di terminologia sistematizzata identifichiamo tale concetto con la costruzione dei diagrammi di flusso, degli alberi concettuali e dei sistemi concettuali.

Con terminologia ad hoc invece intendiamo semplicemente identificare quel processo attraverso il quale la terminologia è fissata su supporti elettronici o cartacei.

In entrambi i casi le schede terminologiche vengono realizzate con SDL MultiTerm 2007.

Una volta operata la scelta fra terminologia sistematizzata oppure ad hoc, è necessario decidere se realizzare schede orientate al concetto oppure schede orientate al termine.

Questo significa che, a seconda del tipo di ricerca che affrontiamo, il modello delle schede deve essere coerente con il tipo di studio che stiamo realizzando e quindi con la tipologia di informazioni che stiamo capitalizzando.

Se scegliamo di realizzare terminologia sistematizzata, la scelta è obbligata su schede orientate al concetto. Il metodo onomasiologico lo impone, così come la realizzazione dei sistemi concettuali. La metodologia di ricerca consiste quindi in un approccio cognitivo o concettuale.

Abbiamo già visto cosa si intende per terminologia sistematizzata: una terminologia che non solo presenta degli schemi ad albero contenenti dei concetti (esplicitati con termini), ma anche le relazioni semantiche che intercorrono tra di essi.

La scelta di una scheda orientata al concetto si giustifica con il fatto che questa struttura prevede che, a livello interlinguistico, i concetti e quindi i sistemi concettuali, siano tra di loro sovrapponibili. Lo impone il metodo onomasiologico, un principio che parte dall’individuazione, da parte del terminologo, dei concetti e non dei termini.

La metodologia di ricerca semasiologica, basata su di un approccio cognitivo e concettuale, presuppone che il terminologo/terminografo sia un semiesperto del dominio o che richieda la collaborazione di un esperto del dominio per la descrizione dei processi e per la scelta e la sistematizzazione dei termini.

In questa situazione di operatività non ci si avvale di corpora dai quali estrarre terminologia attraverso Wordlist di candidati termini, ma unicamente delle competenze dell’esperto.

Se invece ci si avvale di Wordlists e di Keywords l’importanza del ruolo dell’esperto e delle sue scelte risiede nel fatto che egli deve individuare, prima in Lingua 1 e poi in lingua 2, il termine principale, il termine consigliato, i sinonimi, le varianti all’interno di un set di sinonimi forniti dal terminologo ed il metodo diventa semasiologico.

Se invece scegliamo di realizzare terminologia ad hoc, la scelta naturale è quella della scheda orientata al termine in quanto non partiremo più dal concetto, ma dal termine e quindi dal segno. La metodologia di ricerca sarà dunque, in questa situazione, un approccio testuale. Questo significa che qualsiasi traduttore o qualsiasi redattore che si trovi ad utilizzare terminologia in situazione lavorativa, a volte sente il bisogno di fissare su di un supporto, sia esso cartaceo o elettronico, forme terminologiche che hanno destato in lui particolare interesse o che prevede di riutilizzare in situazioni lavorative successive.

Queste forme terminologiche, e soprattutto questi supporti, saranno orientati al termine, in quanto si partirà dal segno, quindi dal termine stesso che il traduttore, l’interprete o il redattore incontrano nelle loro attività quotidiane.

L’approccio può essere definito anche testuale in quanto si opera sulla costruzione e sull’analisi di corpora rappresentativi e bilanciati. Spesso, in questa particolare situazione, il corpus è rappresentato dal testo stesso sul quale il traduttore, l'interprete e il redattore stanno lavorando.

TERMINOLOGIA SISTEMATIZZATA

Alla SSLMIT di Forlì, Università di Bologna, è stato creato un metodo di lavoro, chiamato la “Filiera Terminologica”. Questo permette di individuare una serie di operazioni successive l’una all’altra che dovranno poi essere sviluppate in un principio di continuità.

Secondo questo metodo di lavoro le operazioni da eseguire nell’ordine di successione sono:

1. Individuazione del dominio di ricerca.
Il consiglio che diamo a chiunque si stia addentrando in una ricerca terminologica è quello di individuare in luogo di domini generali, piuttosto dei sottodomini di primo grado o di secondo grado, quindi di restringere il proprio domino di indagine. Per questa ragione, ad esempio, non bisogna analizzare un dominio di medicina, ma piuttosto un sottodominio di primo grado di gastroenterologia e in seguito non tanto un sottodominio di gastroenterologia, ma piuttosto un sottodominio di secondo grado di celiachia come nello schema riportato di seguito. In questo modo noi riusciamo a contenere la terminologia, sistematizzarla con maggior precisione e quindi a sviluppare ricerche più precise e mirate.

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2. Individuazione del destinatario del database terminologico.
L’individuazione del destinatario è fondamentale per decidere le strategie di lavoro e per selezionare il materiale dal quale attingere i dati. Se noi pensiamo ad un destinatario esperto, ad un semiesperto, ad un non esperto, ci troviamo di fronte a tipologie di utenti e di conseguenza a DB e a candidati termini completamente diversi tra di loro.

Quando i nostri destinatari sono degli esperti pensiamo a delle sigle, a degli acronimi e a delle formule come tipologie di termini prevalentemente utilizzati.

Quando invece ci rivolgiamo a dei semi-esperti e a dei non esperti, pensiamo a quello che in terminologia è chiamato “principio variazionista”, o principio di sinonimia, quindi prevalentemente a forme estese, come termini semplici, composti o complessi ed a tutte le loro variazioni.

I termini così selezionati vengono inseriti all’interno della scheda terminologica a volte in posizione di termine principale, altre volte invece come termine variante, termine sinonimo e così via ma sempre nel campo “Term”, quindi allo stesso livello gerarchico del termine principale.

E’ importante definire fin dall’inizio la funzione che deve svolgere il database terminologico (DB). La funzione di un DB costruito per un redattore o un traduttore è ben diversa da quella di un DB costruito per la traduzione assistita o per la traduzione automatica. A seconda dei destinatari e della funzione, variano sensibilmente il numero, la tipologia dei campi e la forma delle schede.

3. Costruzione delle varie tipologie di corpora.
Sulla base del dominio di ricerca e del destinatario, costruire corpora coerenti con gli scopi e le finalità è estremamente importante per la qualità del prodotto finale. E’ necessario quindi costruire un corpus specialistico per estrarre terminologia specialistica; un corpus bilanciato e rappresentativo delle varie tipologie testuali concernenti il dominio di studio, come nello schema che segue, per estrarre invece terminologia in cui il principio di sinonimia e di variazione venga affrontato, approfondito e portato avanti.

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4. Estrazione dei candidati termini.
I termini hanno lo status di “candidati” fino al momento in cui non riusciamo a sistematizzarli e quindi a creare prima degli alberi e poi dei sistemi concettuali. La realizzazione dei sistemi concettuali ci permette appunto di trasformare i candidati termini, ossia dei termini che ancora non abbiamo riconosciuto come tali, in termini validi per la descrizione di quel dominio o di quei sottodominii.

5. Sistematizzazione dei termini in un sistema concettuale e trasferimento delle relazioni semantiche nelle schede.
Nel momento in cui costruiamo le schede terminologiche, inseriamo informazioni di tipo linguistico e concettuale, ma anche e soprattutto relazioni di tipo semantico. Queste relazioni vengono trasferite dai sistemi concettuali alle schede, ed insieme ai sistemi concettuali permettono al traduttore, al redattore, ed anche all’interprete, di percepire le relazioni tra i concetti e quindi tra i termini.
Quello che segue è la rappresentazione iconografica di un apparato protettivo di un sub. Nella fascia alta abbiamo relazioni “partitive” mentre in quella bassa relazioni “generiche”.

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6. Scelta fra campi obbligatori e campi facoltativi.
A seconda del destinatario o dello scopo che ci siamo prefissi, possiamo costruire schede semplici con un unico campo, il campo “Term”, o schede estremamente complesse con un numero di campi teoricamente illimitato. Si possono individuare in questo modo campi facoltativi e campi obbligatori. L’obbligatorietà e la facoltatività non sono principi assoluti, dipendono innanzitutto dai destinatari e dalla funzione che queste schede devono svolgere.

7. Scelta dei modelli e creazione delle schede e del DB terminologico.
E’ possibile creare diversi tipi di modelli, sempre con SDL MultiTerm 2007, e quindi di conseguenza schede per destinatari diversi e soprattutto con funzioni diverse.

La terminologia sistematizzata serve per realizzare prodotti da condividere con il grande pubblico, quali dizionari monolingue, dizionari bilingue, glossari e tesauri.
Deve essere quindi una terminologia esaustiva di quel dominio o di quei sottodominii, che permetta appunto di creare prodotti affidabili.
Queste risorse possono essere a loro volta stampate su supporto cartaceo o elettronico oppure possono essere inserite in rete.
Certamente, il lavoro di sistematizzazione è un lavoro lungo, che prevede il contributo di esperti del settore, ma alla fine la ricerca sistematizzata garantisce l’affidabilità del prodotto terminologico.

Indubbiamente una terminologia non sistematizzata è una terminologia meno affidabile, in quanto molto più legata alla figura, all’esperienza ed alle esigenze di colui che la costruisce piuttosto che al destinatario.


TERMINOLOGIA AD HOC

I principi della terminologia ad hoc suggeriti nella Filiera Terminologica sono
i seguenti:

1. Nessun dominio predefinito. Il dominio viene individuato in situazione lavorativa.

2. All’interno della scheda nessuna distinzione tra campi obbligatori e campi facoltativi, quindi grande libertà per il terminologo - terminografo di utilizzare un campo anziché un altro

3. Estrazione di terminologia e creazione di un DB terminologico prevalentemente in situazione traduttiva ma anche interpretativa o redazionale. Ci troviamo quindi davanti ad un traduttore, ad un interprete o ad un redattore che incontra un termine, lo fissa su di un supporto, pensa di riutilizzarlo, e di capitalizzarlo e quindi crea una terminologia ad hoc, delle schede ad hoc, un DB ad hoc.

4. Unica funzione: catalogare dei termini ritenuti interessanti e di possibile riutilizzo.

5. Unico destinatario: il terminologo medesimo. Quale utilizzo vorrà farne in seguito dipenderà molto dall’affidabilità che riesce ad attribuire al prodotto realizzato.

Terminologia ad hoc dunque per il terminologo che la realizza e per piccole comunità di utenti: un gruppo di traduttori, un’azienda o un’agenzia di traduzione, e non certamente per il grande pubblico che richiede invece standardizzazione, alta affidabilità e schede complesse.

Questo tipo di terminologia, oltre che al terminologo, può essere mirata ad un eventuale cliente. Può succedere infatti che venga creato un DB terminologico per un’azienda che magari intende presentare il proprio prodotto con terminologia standardizzata.
Ma può succedere anche che la stessa azienda richieda terminologia ad hoc e quindi non standardizzata per distinguere il proprio prodotto dalla concorrenza nell’ambito di quel dominio.
Quindi quella terminologia ad hoc che inizialmente non era destinata alla pubblicazione finisce con l’essere considerata un valore aggiunto alla letteratura aziendale ed utilizzata dalle brochures ai manuali d’uso, dalla pubblicità al bilancio d’impresa.


SCHEDE PER TERMINOLOGIA SISTEMATIZZATA, AD HOC E PER LA TRADUZIONE ASSISTITA

In terminologia sistematizzata abbiamo una scheda complessa per numero di campi, per la presenza di relazioni semantiche semplici o complesse e per la presenza di file di multimediali. SDL Multiterm 2007 infatti permette di inserire un numero di campi quasi infinito.

Nel caso delle relazioni semantiche, anche se quelle individuate dai ricercatori nazionali e internazionali sono più di 1800, qui alla SSLMIT di Forlì inseriamo quasi esclusivamente relazioni gerarchiche e partitive del tipo genere-specie, parte-tutto.
Per ciò che riguarda le relazioni non gerarchiche, quindi finali, causali, temporali, etc, utilizziamo un unico campo di correlazione, “Termini correlati", in quanto sarebbe molto difficile per l’utente individuare gli equivalenti interlinguistici di tutte le 1800 relazioni semantiche ed inserire in ogni scheda una o più relazioni che dovrebbero poi essere capite, diffuse e condivise.

A proposito delle immagini e dei file multimediali, noi sosteniamo che, oltre alle immagini, i filmati, i disegni tecnici, gli esplosi hanno spesso una funzione determinante per la comprensione del concetto.

I file sonori poi, inseriti nel campo pronuncia, servono soprattutto agli interpreti per eliminare le ambiguità fonetiche, ma possono anche concorrere ad una formazione linguistica più approfondita per i traduttori.

Sempre per gli interpreti si stanno sperimentando inserimenti di filmati nelle schede terminologiche che hanno certamente la funzione di contestualizzare le terminologia ma anche di evidenziare l’esposizione fonetica del termine all’interno della frase.


Un esempio di scheda complessa.

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Una scheda complessa contiene file multimediali, in questo caso un’immagine, funzionale alla comprensione del termine. Inoltre, abbiamo campi come “Etimologia” che in genere concorre a migliorare la trasparenza del termine in vedette, “Contenuto in”, quindi una relazione gerarchica, e poi il campo “Sistema concettuale” indispensabile per mostrare come gli altri termini del dominio si relazionano con il termine preso in esame.

In terminologia ad hoc abbiamo sempre schede semplici per numero di campi, mai relazioni semantiche, difficilmente immagini o file multimediali.


Un esempio di scheda semplice orientata al concetto.

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Questa scheda ha dei campi essenziali per qualità e quantità come ad esempio dominio, sottodominio, indicativo grammaticale, note grammaticali, definizione ed una rara relazione semantica.


Un esempio di scheda per la traduzione assistita

Le schede per la traduzione assistita sono quelle più semplici per forma e per contenuto che si realizzano con SDL Multiterm 2007, contengono in questo caso due lingue e due termini.

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In ognuna di queste schede c’è una gerarchia precisa: scheda, lingua, termine.

I DB così costruiti vengono utilizzati in situazione di traduzione assistita e possono essere realizzati in modo automatico trasferendo la terminologia validata con Multiterm Extract, direttamente all’interno di un DB realizzato con SDL MultiTerm e quindi creando in automatico dei DB molto grandi, a volte di migliaia di termini.

Realizzare DB terminologici di queste dimensioni con schede nelle quali compaia un numero di campi superiore sarebbe molto più difficile anche a livello documentale e risulterebbe un investimento eccessivo in termini di tempo e denaro da parte del traduttore e spesso sproporzionato rispetto al progetto di traduzione che gli è stato assegnato.


L’INPUT MODEL

Un esempio di Input Model o griglia di inserimento dati.

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L’Input model è un modello di inserimento dati per la scheda terminologica che viene creato per semplificare ed agevolare il lavoro del terminografo.

L’Input model corrisponde al modello di scheda che si intende realizzare, permette di selezionare i campi e le tipologie di campi che si vogliono utilizzare, quindi deve essere unico ed identico per tutte le lingue di lavoro e per ogni DB terminologico.

Se immaginiamo un terminografo intento a realizzare un DB terminologico, lo vediamo sfogliare le schede ed abituarsi rapidamente alla posizione dei campi, alla struttura dei contenuti da inserire e magari all’iconografia utilizzata.
Se invece lo immaginiamo ancora, intento a crearsi di volta in volta la sequenza dei campi, in una scheda a schema libero lo vediamo perplesso, concentrato più sulla forma della griglia di inserimento dati e magari distratto sui contenuti .
Questa è la ragione per la quale siamo convinti che l'Input model debba essere unico per ogni DB terminologico, ed anche perché solo in questo modo lo stesso terminografo, in fase di revisione dei contenuti, avrà la possibilità di ritrovare con facilità all’interno del DB tutti i dati, tutte le informazioni, tutti i file multimediali e così via, che ha inserito.

Prima di creare l’Input model è necessario individuare il destinatario oppure i destinatari del DB terminologico, riflettere sugli scopi per i quali si realizza e quindi sulle funzioni che esso dovrà svolgere, per non essere costretti successivamente ad una lunga e difficile operazione di ricomposizione dei campi attraverso il Layout di presentazione della scheda.


In seguito bisogna scegliere se realizzare schede orientate al termine, schede orientate al concetto oppure schede ad orientamento misto.

In questi anni ci siamo resi conto che non esiste un’unica forma ideale di scheda, ma esistono più modelli che utilizziamo o che modifichiamo a seconda delle esigenze degli utenti, quindi delle agenzie, dei liberi professionisti o delle aziende di produzione, dei traduttori o degli interpreti nelle loro differenti situazioni lavorative.


IL MODELLO DI INPUT PER SCHEDE ORIENTATE AL CONCETTO E I PRINCIPI DELLA SCHEDA TERMINOLOGICA

In SDL Multiterm 2007, il Definition Model è il grande contenitore nel quale tutti i campi di tutte le schede in tutte le lingue sono presenti.
Dal Definition model è possibile successivamente creare gli Input model: qui i modelli di inserimento dati sono separati lingua per lingua in modo da poter inserire volta per volta tutte le informazioni riguardo ad un particolare termine.

Il Layout, è invece il modello di presentazione dei contenuti della scheda, diverso dal modello di inserimento dati. E’ come la scheda si presenta all’utente oppure come vuole l’utente che si presentino la scheda e l’intero DB terminologico. Esso è modificabile per forme e colori, per qualità, quantità e ordine dei campi. Una volta definito si applica automaticamente a tutto il DB terminologico.

Il filtro di scorrimento, permette infine di sfogliare le schede del DB terminologico.

Oltre al filtro di scorrimento è possibile creare anche altri tipi di filtri, semplici o complessi, che permettono di selezionare le informazioni che si vogliono ottenere dai DB. Un filtro semplice, ad esempio, potrebbe permetterci di rintracciare all’interno di un DB di un migliaio di schede terminologiche tutti i termini in forma sintagmatica, come nell’esempio che segue.

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mentre un filtro complesso potrebbe permetterci di individuare tutti i termini in forma di sintagmi nominali femminili singolari, come nell’esempio che segue.

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Quindi, è molto importante sapersi documentare, saper inserire i dati, saper fare terminografia, ma è altrettanto importante saper rintracciare le informazioni che inseriamo all'interno di un DB e saperle estrarre in modo rapido e funzionale in caso di necessità.



Alcuni principi teorici.

I principi della scheda orientata al concetto sono: un oggetto, un concetto e una scheda contenente tanti termini senza alcuna gerarchia. Quindi non più il principio Wusteriano di un concetto/un oggetto/un termine, ma un set di sinonimi, quindi un set di termini in luogo di un solo termine, tante lingue e un’ipertestualità intralinguistica.

Un esempio di scheda orientata al concetto.

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Questa scheda ci presenta il termine “dischi” in posizione di termine principale, presente anche sulla videata nella colonna in alto a sinistra, e “dischi di cioccolato” invece in posizione di variante sempre in un campo “Term”, e presente anch’esso nella colonna di sinistra.

Se clicchiamo sul termine variante “dischi di cioccolato” nella colonna a sinistra, vediamo che quest’ultimo passa in posizione di termine principale e che “dischi”, il termine principale, entra nel set di sinonimi come variante.

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Infine nel campo “termini correlati” troviamo tutti i termini che hanno relazioni di senso, ad esempio "scagliette”, “gocce”, “goccine”, “codette”, “surrogato di cioccolato”. Sono questi, termini che hanno relazioni semantiche complesse con il termine che troviamo in vedette.



EQUIVALENZA INTERLINGUISTICA IN SCHEDE ORIENTATE AL CONCETTO

Il triangolo Wusteriano ci propone il principio di "un concetto, un oggetto, un termine”. Se questo principio lo applichiamo alla L1, alla L2 e alla L3 in sistemi concettuali esattamente sovrapponibili, quelle che sono delle equivalenze interculturali diventano equivalenze interlinguistiche.

Riguardo all’equivalenza di concetti e di sistemi concettuali, è necessario specificare che per costruire schede orientate al concetto, per inserire quindi un unico concetto in un’unica scheda, e quindi anche gli stessi termini nelle diverse lingue, i sistemi concettuali devono essere tra di loro completamente sovrapponibili. Questo significa che le schede orientate al concetto si applicano solo ai concetti che Prandi (2004: 169) chiama esocentrici, cioè fondati su un’esperienza condivisa e poco dipendenti dalla struttura di una lingua specifica. Se abbiamo una sovrapposizione concettuale esatta, avremo degli esatti equivalenti interlinguistici, e quindi potremo sostenere che quei termini, denotando lo stesso concetto a livello interlinguistico, sono inseribili all'interno della stessa scheda.




Esempio di due sistemi concettuali in L1 e L2 completamente sovrapponibili:

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Questo non accade in presenza di concetti endocentrici (Prandi 2004: 169). In questo caso, i sistemi concettuali riferiti a lingue diverse non sono sovrapponibili, o sono solo parzialmente sovrapponibili; i singoli concetti non sono identici a livello interculturale e quindi non disponiamo di equivalenti interlinguistici puntuali. Di conseguenza, il terminografo dovrà ricorrere a schede orientate al termine e l’utente traduttore si troverà a disposizione nel DB terminologico una scheda “equivalente funzionale” nelle forma terminologica di un prestito integrale, integrato o una parafrasi.
I concetti esocentrici possono essere descritti sia da schede orientate al termine, sia da schede orientate al concetto. Si tratta di una scelta motivata dalle finalità alle quali le schede sono destinate. I concetti endocentrici, viceversa, ammettono un solo tipo di scheda, orientata al termine.


TANTI MODELLI DI INPUT PER SCHEDE ORIENTATE AL TERMINE E I PRINCIPI DELLA SCHEDATERMINOLOGICA

I modelli di Input per schede orientate al termine sono numerosi: per ogni lingua si propone una scheda termine principale, una o più schede termine sinonimo, una o più schede termine variante, una scheda termine equivalente funzionale.

Questo è un sistema estremamente complesso ma allo stesso tempo raffinato che si utilizza quando si vuole approfondire l’aspetto linguistico e sociolinguistico della terminologia.

Ogni termine, sia esso termine principale, sinonimo o variante, viene analizzato singolarmente e catalogato in una propria scheda. Contemporaneamente questo viene presentato nel proprio contesto, in modo da dimostrarne l’uso, l’aspetto linguistico, grammaticale e sintattico, all’interno della scheda ad esso riferita.

I principi della scheda orientata al termine sono: (un oggetto: Le schede orientate al termine sono compatibili sia con concetti egocentrici, solidamente ancorati in un’esperienza condivisa, sia con concetti endocentrici, per i quali non è sempre possibile identificare oggetti indipendenti. Questa è la ragione per cui ‘oggetto’ appare tra parentesi)*, un concetto, un termine principale, sinonimi e varianti, quindi gerarchia tra i termini. Si propone perciò una scheda per ogni tipologia di termine, una o più lingue per ogni scheda, ipertestualità intra ed interlinguistica.
Questi principi, pur essendo simili a quelli di una scheda orientata al concetto, si differenziano sostanzialmente in alcuni punti.

In una scheda orientata al termine facilmente non appaiono le relazioni semantiche, appaiono invece i link al termine in lingua 2, i link ai sinonimi e alle varianti i quali a loro volta contengono link al solo termine principale e nessun link a livello interlinguistico.

La scheda orientata al termine deve essere considerata piuttosto una scheda riservata al termine in quanto lemma.

Ecco un esempio di scheda orientata al termine che presenta il campo contesto in ogniqualvolta appaiono il termine principale o il termine variante, a garantirne l’effettivo uso, insieme alla sua fonte.
Ancora una volta sosteniamo che questa tipologia di scheda è funzionale per affinare la ricerca linguistica della terminologia.

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EQUIVALENZA INTERLINGUISTICA IN SCHEDE ORIENTATE AL TERMINE

Le uniche equivalenze interlinguistiche in schede orientate al termine sono quelle tra i termini principali in L1 e in L2. Non c’è nessun tipo di contatto tra la variante in L1 e la variante in L2, né tra i sinonimi in L1 e in L2, né alcuna proposta di equivalenza tra queste tipologie di termini. Le schede termine variante e le schede termine sinonimo in L1 rimandano esclusivamente al termine principale in L1 così come le schede termine variante e le schede termine sinonimo in L2 rimandano esclusivamente al termine principale in L2.

Oggi, gli studi sulle equivalenze interlinguistiche a livello di variazione e di sinonimia sono ancora abbastanza rari. Diciamo che un principio applicabile all’equivalenza interlinguistica a livello di variante e di sinonimo è il principio dell’isomorfismo.

L’isomorfismo, tuttavia, non è un principio assoluto. Sostiene ad esempio che ad una sigla in L1 corrisponde una sigla in L2, ad un acronimo in L1 un acronimo in L2, ad un termine semplice in L1 un termine semplice in L2 e così via. Tuttavia, per dimostrare l’equivalenza interlinguistica soprattutto tra termini sinonimi e termini varianti, è ancora necessario studiare ed approfondire il fenomeno a livello diamesico e diafasico.


IL MOMENTO DELLE SCELTE

Se si sceglie di realizzare terminologia sistematizzata, la scelta è obbligata sulla scheda orientata al concetto. Come abbiamo già detto, è il metodo onomasiologico che lo impone, così come la realizzazione dei sistemi concettuali.

Se partiamo dal principio che il metodo onomasiologico ci orienta ad estrarre concetti dal testo, che vengono poi “etichettati” con i termini, la scheda orientata al concetto finisce con l’esserne il contenitore ideale.

Nella scheda orientata al concetto, quello che emerge è l’equivalenza interlinguistica tra set di sinonimi e quindi l’esatta sovrapponibilità dei concetti e dei sistemi concettuali nelle varie lingue.

Se si sceglie di realizzare terminologia ad hoc, la scelta naturale è quella della scheda orientata al termine. Il metodo diventa semasiologico in quanto non si partirà più dal concetto, ma dal segno, quindi dal termine.

Nella scheda orientata al termine quello che emerge è piuttosto lo studio approfondito del segno e degli aspetti intra ed interlinguistici ad esso associati, quali sinonimia e variazione.

LE SCHEDE AD ORIENTAMENTO MISTO

A seconda delle esigenze, abbiamo poi schede termine principale ad orientamento misto, cioè schede orientate al concetto integrate con schede sinonimi e varianti.
Questo per contenere il numero delle schede e per “condensare” l’informazione.

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L’IMPORTANZA DELLE NOTE, DELLE NOTE D’USO E DELLE FONTI

Le note, le note d’uso e le fonti documentali sono estremamente importanti e funzionali come informazione aggiuntiva e spesso difficilmente categorizzabile attraverso campi specifici o dedicati. Alcuni anni addietro è stata realizzata dall’Eurac di Bolzano1 una giornata di studio volta ad approfondire “L’importanza delle note d’uso in terminografia”.

Spesso nelle note d’uso, oppure semplicemente nelle note, inseriamo ciò che non riusciamo a inserire in altri campi: ad esempio come il termine viene utilizzato oppure anche quali potrebbero essere le eventuali varianti delle varianti o dei sinonimi del termine in uso.

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Le fonti poi definiscono il grado di affidabilità. Se esse definiscono l'affidabilità del concetto, definiscono anche l’affidabilità del termine e questo finisce con l’essere determinante nell’attendibilità generale del DB terminologico.



ESTRAZIONE E STAMPA DATI

Interfacciando SDL MultiTerm con Word è possibile ottenere l’estrazione e la stampa di dati terminologici. Per traduttori: dizionari mono e bilingue. Per interpreti: glossari bilingue termine/termine e set di sinonimi/set di sinonimi.
Esistono diversi modi di stampare i dati da SDL MultiTerm a Word:

• Glossari termine/termine
• Glossari termine/set di sinonimi
• Glossari set di sinonimi/termine
• Glossari set di sinonimi/set di sinonimi
• Dizionari monolingue
• Dizionari bilingue




Glossario termine/termine: realizzato estraendo il termine principale in L1 ed il termine principale in L2.

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Glossario termine/set di sinonimi: è possibile garantire l’equivalenza tra termine principale e termine principale, ma non è possibile garantire la validità del principio di scelta tra i sinonimi. Lo studio in questo ambito dovrebbe essere approfondito a livello terminologico e socioterminologico, quindi analizzando le situazioni comunicative e non soltanto i termini.

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Glossario set di sinonimi/termine: abbiamo un set di sinonimi in L1 ed un unico equivalente in L2.

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Glossari set di sinonimi/set di sinonimi: abbiamo una serie di termini in lingua di partenza ed una serie di termini in lingua di arrivo. La disposizione dei termini è casuale, quindi è compito dell’utente, in base alla propria esperienza e alla propria capacità di analisi, scegliere all’interno di un set di sinonimi, i due equivalenti a livello interlinguistico.

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I contenuti di una scheda terminologica possono poi essere stampati in formato dizionario monolingue o in formato dizionario bilingue, ottenendo così un’informazione più dettagliata ed esaustiva.

Dizionario Monolingue

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Dizionario Bilingue

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CONCLUSIONE

Dopo tanti anni di ricerca teorica e di ricerca applicata alla didattica, le sicurezze sul come "fare" terminologia e terminografia non sono certamente aumentate.

Da parte del Laboratorio di ricerca Terminologica della SSLMIT di Forlì c'è stato un contributo notevole piuttosto all'incremento che al contenimento dei contenuti e della forma delle schede.

Un incremento giustificato da una grande quantità di utenti con necessità estremamente diversificate.

Destinatari eterogenei e finalità diverse impediscono, a nostro giudizio, ogni univocità concettuale o formale nella realizzazione di DB terminologici.

BIBLIOGRAFIA

Bertaccini, F., Prandi, M., Sintuzzi, S. e S. Togni (2004). “Tra lessico naturale e lessici di specialità: la sinonimia”. Università di Bologna – SSLMIT, Forlì
Cabré M.T. (2003). "Theories of terminology. Their description, prescription and explanation" Terminology 9 2:163-199.
Gaudin F. (2003). “Socioterminologie. Une approche sociolinguistique de la terminologie”. Éditions Duculot – Bruxelles
Temmerman R. (2000). "Une théorie réaliste de la terminologie: le sociocognitivisme" Terminologies nouvelles 21:59-63.


Notes

↑ 1L’Eurac (Accademia Europea di Bolzano) è un innovativo centro di ricerca e di formazione che si occupa, tra le altre, di Linguistica Applicata e Terminologia http://www.eurac.edu/index

Pour citer cet article :

Franco Bertaccini e Claudia Lecci, Conoscenze e competenze nell’attività terminologica e terminografica, Terminologia, ricerca e formazione, Publifarum, n. 9, pubblicato il 15/05/2009, consultato il 20/04/2024, url: http://www.farum.it/publifarum/ezine_articles.php?id=107

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482

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